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Tovalieri, 60 anni e quel legame speciale con Bari

Il 'doppio ex' ha raccontato le sue avventure nel Bari e nella Samp e analizzato il momento dei biancorossi

Pubblicato da: Nicola Lucarelli | Gio, 27 Febbraio 2025 - 16:26
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Settimana serena quella trascorsa dal Bari dopo il prezioso successo ottenuto sul campo del Mantova. La compagine biancorossa prosegue la preparazione in vista del prossimo match contro la Sampdoria. Per trattare i vari temi di questa gara e per fare un piacevole tuffo nel passato biancorosso, abbiamo interpellato un doppio ex di Bari e Samp, vale a dire Sandro Tovalieri, che si è concesso a un’intervista in esclusiva ai microfoni di Borderline24.com.

Sandro Tovalieri, il 25 febbraio ha raggiunto l’importante traguardo dei 60 anni. Tanti i messaggi di auguri giunti anche da Bari…

“Eh sì, tantissimi messaggi. È un traguardo importante, quindi festeggiarlo con le persone care, i familiari, i figli e tanti tifosi mi rende orgoglioso. Sono manifestazioni veramente preziose e li ringrazio di vero cuore, perché mi hanno sempre voluto bene e me ne vogliono ancora. Ho un legame speciale con loro”.

60 anni, ma quanti di questi dedicati al calcio? E con quali rimpianti?

“La mia vita è stata tutta dedicata al calcio, sin da bambino. Certo, quando si è piccoli tutti sognano di giocare in Serie A, ma non tutti ci riescono. Io ci sono riuscito e ho cercato di fare del mio meglio, però sono soddisfatto del mio percorso. Quando giocavo, ero circondato da grandi giocatori, quindi non era facile affermarsi. Qualche rimpianto? Magari lo scudetto alla Roma avrebbe cambiato la mia carriera, perché forse sarei rimasto a vita in giallorosso. Ma alla fine bisogna essere soddisfatti di quello che si è fatto. Fare una carriera di 18 anni a certi livelli è difficile: è una vita di sacrifici, perché fare il calciatore non è solo scendere in campo, prendere soldi o girare con belle macchine e belle donne”.

Cosa vuol fare “da grande” Sandro Tovalieri?

“Dopo aver appeso le scarpe al chiodo, ho realizzato i miei sogni: ho aperto una scuola calcio a Modena e lavorato con le ragazze della Roma, vedo giocare in Serie A ragazzi che sono cresciuti con me. Ho allenato anche Mantovani, ora al Bari: era già bravo da giovane, l’ho allenato negli Allievi Nazionali. Davanti aveva Capradossi e Calabresi, quindi non era facile ritagliarsi spazio. È un ragazzo d’oro, serio, professionista, si allena e accetta tutte le situazioni. Ora ha una grande opportunità in una piazza importante come Bari: ha detto che gli piacerebbe restare. Gli auguro il meglio per la sua carriera, perché se lo merita”.

Una carriera iniziata nei primi anni ’80 nella Roma e terminata nel 2000 a Reggio Emilia. Un lungo viaggio a suon di gol, circa 150…

“Sono nato centravanti! Quando ero nei Pulcini della Roma, il mio ruolo era proprio quello. Il centravanti deve fare gol, anche se non gioca bene, viene sempre ricordato per le reti che realizza. Fare 150 gol tra Serie A, B e C in quegli anni, in quei campionati, non era semplice. Entravi in campo e vedevi quei mostri sacri di difensori, ma ho avuto la fortuna e la caparbietà di poter dimostrare le mie qualità”.

In questo viaggio ha indossato anche le maglie di Sampdoria e Bari che si affronteranno nel prossimo turno di campionato. Partiamo dall’esperienza in blucerchiato…

“Avevo voglia di giocare, anche perché l’anno precedente a Cagliari avevo fatto tantissimi gol. Non volevo fare un passo indietro, ma puntare a vincere il campionato. Però ricordo un legame splendido con la Sampdoria. Quando sono stato invitato al centenario del Cagliari, mi hanno regalato una maglia e fatto fare il giro di campo. Giocavano proprio Cagliari e Sampdoria e i tifosi blucerchiati mi applaudirono. Li ringrazio di cuore. Bari? Dopo 30 anni le parole servono ancora? È una città che adoro, un onore e un orgoglio aver indossato quella maglia e aver fatto bene, regalando gioie ai tifosi. Sono stato bene sia a livello professionale che umano, con la mia famiglia. Quando siamo andati via, abbiamo pianto, perché il nostro intento era di restare”.
Nella sua carriera ha militato con tanti grandi campioni, ma il legame con Igor Protti resta unico, perché?
“Con Igor Protti si è creato un rapporto unico, non solo calcistico ma umano. Due amici, due fratelli. Dopo gli allenamenti, andavamo a mangiare insieme con le famiglie o passeggiavamo per Bari. In campo non ci interessava chi segnava, l’importante era che segnasse il Bari. Non c’era gelosia, e nel calcio senza gelosia, vengono fuori cose straordinarie. Eravamo un binomio perfetto anche per caratteristiche tecniche: lui seconda punta che amava svariare, io più finalizzatore in area”.

C’è un Sandro Tovalieri nel calcio attuale?

“Lautaro Martínez è un cecchino, ma ogni tanto sbaglia qualche gol. Succede anche ai grandi, come anche Immobile. Non bisogna farne un dramma, capita a tutti”.

E veniamo al Bari dei giorni nostri. Importante la vittoria ottenuta a Mantova…

“Sì, vittoria importante quella di Mantova, soprattutto perché arrivava dopo il pareggio con la Cremonese, che è una signora squadra. Serviva un colpaccio per restare in corsa per i play-off e non rischiare di essere risucchiati nella lotta per la salvezza. La Serie B è così: due vittorie ti portano ai play-off, due sconfitte ti fanno rischiare i playout. Nessuno vuole rivivere la sofferenza dell’anno scorso. Il Bari ha una buona squadra e può puntare ai play-off”.

Ma il feeling tra i tifosi e i De Laurentiis è ai minimi termini. Lo slogan che va più di moda è “aspettando il 2028”, termine ultimo per la multiproprietà…

“Sicuramente non è una situazione facile da gestire. La multiproprietà porta problemi e limiti evidenti. Speriamo che questa situazione si evolva nel migliore dei modi. È brutto vedere contestazioni e cori contro la proprietà, ma lo zoccolo duro dei tifosi c’è sempre. L’augurio è di rivedere la squadra giocare in grandi stadi come l’Olimpico o il Meazza”.

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