Avrebbero continuato a emettere fatture per operazioni inesistenti pur sapendo di essere indagati, dedicandosi “alle loro attività illecite con una frequenza di intensità inusuale, pressoché quotidiana, a riprova della loro permanente dedizione all’attività criminosa”. Infatti, come nota la gip di Bari Anna Perrelli, nonostante “l’imprevisto” dei controlli della finanza nei confronti di alcuni degli imprenditori indagati, “le attività illecite degli indagati non hanno subito alcun rallentamento, a riprova delle loro capacità di rapida riorganizzazione. Ciò dimostra come l’indole spregiudicata, la cultura dell’illegalità e l’incessante ricerca di facili guadagni da parte degli indagati abbiano sopraffatto ogni loro cautela, inducendoli a perseverare nell’incessante svolgimento delle medesime attività illecite”. Le parole sono contenute nell’ordinanza di custodia cautelare con cui oggi in 10 (quattro in carcere, sei ai domiciliari) sono stati arrestati dalla guardia di finanza di Bari con l’accusa di associazione a delinquere (finalizzata alle frodi fiscali con emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti), riciclaggio e autoriciclaggio.
Vertice della presunta associazione è il 48enne imprenditore di Altamura (Bari) Nicola Abrescia, titolare della ditta individuale ‘Esternamente’ e legale rappresentante delle ‘cartiere’ Esternamente group ed Esternamente Concept, finito in carcere insieme ai collaboratori Donato Petrara, Vincenzo Cornacchia e Nicola Patimo, che per la Procura di Bari avrebbero formato la “squadra addetta al riciclaggio”. I domiciliari sono invece stati disposti per gli imprenditori Onofrio Ferrulli, Giovanni Lorusso, Giuseppe Patella, Giuseppe Picerno, Antonio Mincuzzi e Giovanni Mincuzzi”, che avrebbero fatto da intermediari o procacciatori di nuovi imprenditori da inserire nel presunto giro di fatture per operazioni inesistenti. Secondo la Procura, per abbattere la base imponibile da sottoporre a tassazione, tra il 2019 e il 2022 le due cartiere di Abrescia avrebbero emesso fatture per quasi 18 milioni di euro in favore di numerose società e ditte individuali, “al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto”, come si legge nel capo di imputazione. In totale gli indagati sono 21, comprese le due cartiere di Abrescia.