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Strage di via D’Amelio, 32 anni dopo si cerca ancora la verità

Stasera la fiaccolata a Palermo

Pubblicato da: redazione | Ven, 19 Luglio 2024 - 09:00

Si svolgerà anche quest’anno la tradizionale fiaccolata, giunta alla sua 28esima edizione, in memoria di Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, che si terrà a Palermo venerdì 19 luglio nel 32esimo anniversario della strage di via D’Amelio. Oltre al ricordo, quest’anno la manifestazione sarà ancora una volta incentrata sulla pretesa della verità. Soprattutto oggi a pochi mesi dalla richiesta di condanna, da parte della Procura di Caltanissetta, di tre appartenenti alla polizia accusati di aver depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio. Un fatto inquietante che getta sempre più ombre su questa strage che vide pezzi dello Stato essere probabilmente complici dei mafiosi. Proprio per questo la manifestazione sarà aperta da uno striscione con una nota e premonitrice frase di Borsellino: “Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri”.

L’iniziativa è promossa dalle sigle “Forum XIX Luglio” – cartello che raggruppa trasversalmente associazioni, movimenti e istituzioni – e “Comunità ‘92”, coordinamento che unisce diverse generazioni di giovani di destra ideatori della manifestazione 28 anni fa. La fiaccolata del 19 luglio è ormai la più longeva e partecipata manifestazione contro la mafia in Sicilia. Come ogni anno, il concentramento è previsto per le ore 20.30 a piazza Vittorio Veneto (Statua della Libertà). Il corteo attraverserà via Libertà, via Autonomia Siciliana e arriverà in via D’Amelio dove verrà deposto un tricolore e intonato l’inno nazionale. Come ogni anno sarà un corteo silenzioso e senza comizi finali, nel rispetto della sobrietà che contraddistinse in vita Paolo Borsellino e oggi i suoi figli. Prevista un’ampia partecipazione da tutta la Sicilia grazie all’adesione di oltre cinquanta tra associazioni e movimenti e di numerosi Comuni siciliani.

La strage di via D’Amelio – Il 19 luglio 1992, ore 16.58. Un boato squarcia la quiete di un pomeriggio estivo in via Mariano D’Amelio 21 a Palermo, sotto il palazzo dove all’epoca abitavano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino, madre e sorella di Paolo, magistrato antimafia. A saltare in aria è una Fiat 126 rubata con circa 90 kg di esplosivo telecomandati a distanza. Paolo Borsellino, è appena arrivato per andare a visitare la madre e la sorella. Il giudice muore assieme con i cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi. Quest’ultima è una poliziotta sarda di Sestu, prima donna a far parte di una scorta e prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio. L’unico sopravvissuto è l’agente Antonino Vullo, primo testimone a raccontare la vicenda: “Borsellino e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, mentre io ero rimasto alla guida. Stavo facendo manovra per parcheggiare la vettura che si trovava alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno”.

Due mesi prima avevano sventrato un’autostrada all’altezza di Capaci per uccidere il collega e amico di Borsellino, Giovanni Falcone. Borsellino assieme a Falcone faceva parte del pool antimafia istituito da Rocco Chinnici. I due giudici, dall’Asinara dove furono trasferiti per ragioni di sicurezza, scrissero l’ordinanza di 8mila pagine che rinviava a giudizio 475 mafiosi. Di lì nacque il maxi processo, il più duro colpo mai sferrato dallo Stato italiano a Cosa Nostra, che decise di vendicarsi con due terribili stragi. Dopo Capaci, il magistrato palermitano sapeva bene di essere nel mirino di Cosa Nostra e ripeteva spesso la frase «ora tocca a me». Stava indagando sulla morte di Falcone, annotando tutto sulla sua agenda rossa, sparita dalla sua 24 ore pochi minuti dopo la strage.

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