Aquile, cicogne e gru: sono 45 le specie di uccelli minacciate dalle pale eoliche e alcune di queste sono anche a rischio di estinzione, come il capovaccaio e il falco lanario, e per questo le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (Via) e di Incidenza (Vinca) per gli impianti per la produzione di energia eolica dovrebbero considerare
“primaria la conservazione della biodiversità con specifico riferimento alla classe degli uccelli”.
E’ quanto chiede la mozione presentata al ministero dell’Ambiente dal Centro Italiano Studi Ornitologici. Per il presidente del Ciso, Maurizio Sarà, professore di Zoologia all’ Università di Palermo, l’obiettivo non è bloccare lo sviluppo degli impianti eolici, ma “il miglioramento ed il superamento degli aspetti critici che, se non risolti, possono intercettare importanti corridoi marini di migrazione dell’avifauna o territori di specie nidificanti e da ultimo danneggiare la biodiversità delle aree collinari e montane del nostro Paese”.
Le attuali procedure Via e Vinca, si legge nel documento del Ciso, “si rivelano inadeguate, da sole, a svolgere un efficace ruolo di supporto alle procedure autorizzatorie locali, in mancanza di un coerente quadro programmatorio che individui e localizzi su scala nazionale le aree sensibili”, ossia le aree nelle quali non dovrebbero essere installati gli impianti eolici. I dati più recenti disponibili, pubblicati sulla rivista Biological Conservation, indicano che le morti di uccelli quelle collegate alle infrastrutture energetiche (come le collisioni con le linee elettriche e quelle con i parchi eolici combinati) sono pari al 48,98% del totale delle morti delle specie di uccelli con 835 casi sulle 1.704 rilevate lungo la rotta africano-eurasiatica dal 2003 al 2021 e relative a 45 specie, tra cui rapaci, cicogne e gru.
Non è solo un problema quantitativo, rilevano i ricercatori del Ciso, ma qualitativo: “per esempio, in Italia abbiamo una popolazione capovaccaio (Neophron percnopterus) per cui si stimano solo da 9 a 14 territori di nidificazione in tutta Italia, isole comprese, e meno di 30 coppie di falco lanario (Falco biarmicus) e quindi un solo individuo morto di queste specie oramai divenute rarissime nel nostro territorio, sempre per colpa dell’uomo, diventa un danno irreparabile sulle possibilità di uscita dal vortice di estinzione in cui sono cadute”. Ne dà notizia l’Ansa.