L’esposizione imprudente alle radiazioni solari o alle fonti artificiali di radiazioni UV per abbronzarsi è un comportamento malsano e dovrebbe essere evitato. È la causa principale dell’insorgenza dei tumori della pelle. La parola d’ordine è proteggersi con un’adeguata fotoprotezione. Quindi, utilizzare indumenti, cappello a tesa larga e occhiali da sole, applicare senza lesinare una protezione solare con fattore 30-50 + ed etichetta UVA su tutte le aree cutanee che non possono essere protette dagli indumenti e rinunciare all’utilizzo dei lettini solari. Queste le raccomandazioni di esperti e società scientifiche internazionali pubblicate sulla rivista European Journal of Cancer. La consensus internazionale di esperti ha visto come coautrici Maria Concetta Fargnoli, vice presidente Sidemast (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse) e Professore Ordinario di Dermatologia presso l’Università degli Studi dell’Aquila e Ketty Peris, past president Sidemast e professore ordinario di Dermatologia presso l’Università Cattolica di Roma.
“La maggioranza della popolazione europea va in vacanza al sole, spesso più volte all’anno – evidenzia Fargnoli – questo comportamento è profondamente radicato, sarà difficile da modificare e tale cambiamento potrà richiedere decenni. Dobbiamo quindi iniziare con messaggi chiari e inequivocabili che andrebbero inclusi nell’attività educazionale per il paziente”. L’aumento dell’incidenza del melanoma, rileva lo studio, può essere evidenziato analizzando l’andamento nel lungo termine. Ad esempio, nel 1950 il Registro dei tumori danese ha documentato un caso di melanoma ogni 100mila abitanti, passando a tre casi ogni 100mila nel 1970, quindi a dieci casi nel 1990, 25 casi nel 1990 e 50-70 casi previsti per il 2036. Gli individui di pelle chiara, in particolare i bambini, dovrebbero quindi ridurre al minimo la loro esposizione alle radiazioni UV, adottando misure di protezione solare. “Un’adeguata fotoprotezione – spiega Peris – deriva dalla combinazione di più misure quali cercare l’ombra, l’utilizzo di indumenti, cappelli e occhiali e l’applicazione di schermi solari sulle zone scoperte.
Tuttavia, nella pratica clinica, le persone tendono a sovrastimare la protezione fornita dagli schermi solari, con una falsa sensazione di rassicurazione quando vanno al mare e si espongono al sole. Questo potrebbe favorire un comportamento a rischio per l’insorgenza dei tumori della pelle”. Strategiche quindi le proprietà protettive di abiti, cappelli e occhiali da sole. Un’adeguata fotoprotezione, aggiungono le esperte, dovrebbe perciò includere la riduzione della fotoesposizione intenzionale modificando le abitudini di vita in riferimento all’andare al mare ed alla ricerca dell’abbronzatura. “I politici dovrebbero comunicare al pubblico messaggi forti sulla protezione dai raggi UV e scoraggiare l’uso di fonti di radiazioni UV artificiali commerciali, attraverso una regolamentazione rigorosa o preferibilmente un divieto. Dovrebbero garantire la comunicazione e l’educazione della popolazione sull’indice UV giornaliero, ad esempio con i bollettini meteorologici, e creare strutture con ombra all’aperto nelle scuole e nelle aree ricreative”, conclude Fargnoli.
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