Il Sud si sta spopolando progressivamente e i primi ad andarsene sono i giovani più qualificati. Meno lavoro, salari più bassi, forme contrattuali meno stabili e crescita del lavoro povero, cioè di persone che pur lavorando vivono sotta la soglia di povertà, i motivi di questo esodo progressivo. Non è un quadro felice per il Mezzogiorno e quindi anche quello della Puglia quello che emerge dal rapporto Svimez 2023 che certifica come sia incerto il futuro del sud del Paese. “Da qui al 2080 – secondo il rapporto – la popolazione a Sud del Lazio scenderà di 8 milioni di residenti: il Meridione avrà quindi quasi la metà degli abitanti di oggi. Negli ultimi venti anni, invece, i residenti in meno sono già stati 1,1 milioni. A definire la nuova questione meridionale è la qualità dell’esodo oltre alla sua accelerazione: negli ultimi venti anni tra chi emigrava al Nord il 26 per cento era laureato. Ma dal 2022 qualcosa è cambiato: su 63 mila giovani emigrati lo scorso anno il 42 per cento è laureato. Una perdita culturale ed economica inestimabile”.
Ma questa prospettiva può certamente migliorare: la chiave sono più servizi, infrastrutture, industrializzazione e la creazione di un ciclo virtuoso tra lavoro welfare e natalità. Incrementare la quota di laureati e di lavoratori, specialmente donne. Creare una rete di asili nido, sostenere la crescita del tessuto economico regionale, creare strade e garantire i servizi di base.
A preoccuparsi dello ‘spopolamento’ giovanile della Puglia sono proprio gli studenti che qui vorrebbero restare. “Non dimentichiamo – racconta infatti Stefano Mariano, coordinatore coordinatore Unione degli studenti Puglia – che lasciare la nostra terra rappresenta per noi fonte di dolore, non solo per le perdite affettive ma anche di valori”.
E poi lo studente racconta : “Viviamo la contraddizione che la Puglia pur essendo una delle regioni con il più alto livello di crescita economica, registra il più alto tasso di emigrazione giovanile. Siamo quasi ad un giovane su tre costretto ad emigrare per proseguire gli studi. Con un a percentuale del 37% di giovani tra i 18 e i 24 anni che non studia e non lavora”.
“La scarsa offerta formativa degli atenei pugliesi e il tessuto produttivo poco propenso all’innovazione e all’assorbimento dei saperi e delle conoscenze che vengono formate nella nostra regione”, sono per gli studenti tra le cause maggiori del flusso migratorio. E poi “l’assenza di infrastrutture e di un tessuto produttivo in grado di recepire gli stimoli e costruire un tessuto lavorativo utile per i giovani pugliesi”.
Per Mariano è quindi necessario “costruire politiche utili a garantire la gratuità e la qualità dei percorsi formativi. Incrementare poi l’occupazione giovanile e percorsi lavorativi garantendo ai ragazzi più opportunità che sono quelle che ad oggi mancano e rappresentano il motivo del trasferimento verso zone più ricche. Solo da qui – conclude- può nascere una Regione davvero a misura di studente e che sia realmente in grado di mettere a frutto il valore anche economico che un giovane potrebbe generare”.