Il riciclaggio di denaro, così come definito dall’articolo 648-bis c.p., punisce chiunque sostituisca o trasferisca denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compia in relazione a essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa; si distingue dal reato di ricettazione previsto dall’articolo 648 c.p., in quanto nel primo si impedisce o si rende difficile la tracciabilità del bene, la ricettazione invece implica solo l’allontanamento del bene dal suo titolare, fattispecie punite in modo diverso e talvolta difficilmente distinguibili (Cass.Sent. 8473/2019).
Il contrasto al fenomeno del riciclaggio è caratterizzato, negli ultimi anni, da un susseguirsi di norme introdotte dal legislatore, senza soluzione di continuità, e accompagnate dall’introduzione delle “regole tecniche” e delle “linee guida” varate più recentemente dai rispettivi organi di autoregolamentazione delle categorie coinvolte. Questo insieme di regole è foriero, spesso, di ambiguità nella loro applicazione da parte di coloro che ne sono tenuti all’osservanza, in modo particolare i professionisti, che sono sottoposti a obblighi che ricalcano, a volte anche in modalità più inafferrabile, quelle che devono osservare gli istituti di credito, senza però essere dotati neppure lontanamente della loro struttura organizzativa, basata su algoritmi e sistemi automatizzati che lasciano poco margine di errore ai loro operatori.
La normativa italiana di riferimento è rappresentata dal Decreto Legislativo n.231 del 2007 s.m.i., oltre alle regole tecniche (queste ultime aventi valore di legge) e alle linee guida (il cui scopo è di agevolare gli adempimenti) emanate dai singoli organismi di autoregolamentazione, in conformità alle specificità della mansione cui sono addetti i professionisti del settore.
I controlli sul rispetto della normativa antiriciclaggio negli studi professionali e nelle imprese soggette a sorveglianza come i compro oro e i money transfer, sono condotti dalla Guardia di Finanza, su delega del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, che a sua volta riceve le segnalazioni dall’unità di informazione finanziaria (UIF) della Banca d’Italia, la quale è deputata a vagliare le denunce da parte dei soggetti obbligati quando ravvisano anomalie nel comportamento della clientela; la quasi totalità delle segnalazioni ha origine dal mondo bancario e dal notariato, solo recentemente (in minima parte) anche dall’universo delle altre professioni obbligate, prima tra tutti quella dei dottori commercialisti.
I militari procedono, in conseguenza all’ordine di servizio che devono esibire al titolare sottoposto verifica, all’accesso senza preavviso alcuno presso lo studio professionale, in genere definendo il controllo svolto “di iniziativa”, ossia non fornendo alcuna indicazione sui motivi da cui esso è scaturito, lasciando spesso l’impressione che si tratti di una verifica di “routine” casuale, quando invece difficilmente è così. Le indagini iniziano con la richiesta di esibire una serie di fascicoli antiriciclaggio, relativi alla clientela cui il professionista risulta depositario delle scritture contabili presso l’agenzia delle entrate. In seguito, la verifica prosegue in caserma e presso lo studio possono essere richiesti altri documenti e chiarimenti. L’attività, la cui durata supera in genere il mese, si conclude con la notifica “brevi manu” del processo verbale di contestazione, nel quale vengono evidenziati gli articoli di legge che si reputano violati, con evidenza della sanzione minima e massima applicabile alla fattispecie.
Superfluo precisare che, nell’ipotesi in cui l’interessato si rifiutasse di firmare o di ricevere copia dell’atto, lo stesso si intenderebbe comunque notificato ai sensi dell’articolo 138 co.2 del Codice di procedura civile. Il soggetto sottoposto a verifiche, ha quindi trenta giorni di tempo dalla notifica per formulare le proprie memorie difensive al ministero dell’economia e delle finanze (MEF) chiedendo eventualmente di essere sentito, ma sapendo che tale richiesta prolungherebbe di sei mesi il termine previsto per l’emissione del decreto sanzionatorio, anche qualora nel frattempo intervenisse la rinuncia a comparire.
La memoria difensiva deve illustrare le circostanze del caso, i motivi per i quali si chiede l’archiviazione del processo verbale, in subordine l’eventuale riclassificazione di quanto accertato a illecito di minore gravità, o in via di estremo subordine l’applicazione della sanzione amministrativa nella misura minore prevista dalla legge, allegando tutti gli elementi che si ritengono utili ai fini di una corretta valutazione dei fatti accaduti.
Il processo verbale di contestazione, unitamente ai verbali giornalieri e ai documenti relativi, viene inviato a cura dei militari al MEF, che ha l’onere di emettere il decreto sanzionato o di archiviazione entro due anni dalla ricezione dei documenti.
Non è semplice esaminare a fondo in questa sede un argomento tanto vasto e complesso, anche perché ogni caso è differente dagli altri, e di conseguenza la relativa strategia difensiva; per questo motivo, qualora se ne ravvisasse la necessità, sarebbe indubbiamente utile farlo con un avvocato, che oltre conoscere la materia possa comprendere in modo professionale l’esistenza di eventuali vulnus che potrebbero celarsi dietro ai singoli rilievi contestati dagli organi di vigilanza; inoltre, un avvocato che si occupa di antiriciclaggio è la persona che può redigere con professionalità le memorie difensive rivolte al MEF, primo atto di carattere amministrativo teso a contestare i rilievi formulati dagli operanti.
All’esito dell’istruttoria del ministero, segue archiviazione oppure decreto sanzionatorio, in relazione al quale il professionista potrà chiedere, entro trenta giorni, di poter pagare con un beneficio pari ad un terzo di riduzione del totale richiesto, oppure impugnare il provvedimento avanti al Tribunale della capitale; in caso di violazione all’uso del contante, l’impugnazione deve essere proposta avanti al Tribunale territorialmente competente.
Sul sito avvocato antiriciclaggio è possibile rintracciare, oltre a una raccolta di norme ed esperienze, molte sentenze commentate concernenti professionisti, istituti di credito e altri operatori tenuti a osservare la legislazione vigente.
L’ideatore non è il legale che ha patrocinato le cause, ma è un avvocato, dottore commercialista, revisore legale e vice presidente AIAC (associazione italiana Avvocati Dottori commercialisti, che raggruppa parte dell’esiguo numero di professionisti italiani iscritti personalmente a entrambe gli albi), che ha scelto di dedicare parte del proprio tempo all’approfondimento di questa tematica di estrema attualità, interpretando le sentenze e svolgendo un lavoro di ricerca laborioso, relativamente a materiale spesso non agevole da reperire. Un appassionato della materia, che mette il proprio sito a disposizione di tutti gli interessati che ne possono fruire liberamente.