La Commissione di indagine di studio per il contrasto alla criminalità organizzata in Puglia prosegue il suo lavoro sul fenomeno delle baby gang ascoltando don Antonio Coluccia, salentino, ma portatore di una grande esperienza cominciata nella periferia est di Roma, a San Basilio. Un territorio “usurpato” quale zona di spaccio dove un giovane spacciatore riesce a guadagnare dai 100 ai 150 euro l’ora, “rendendo – ha spiegato Coluccia – ovviamente inefficaci le alternative proposte a meno che le Associazioni di volontariato, ma anche lo Stato, non possano stringere l’unica collaborazione possibile con le famiglie e con le scuole”.
Don Antonio ha ricordato la sua esperienza, gli sforzi svolti con lo Stato per strappare a quella vita fatta di euro e di non-valori giovani e giovanissimi. Il “padre poliziotto”, come era chiamato dalle forze dell’ordine, è riuscito, un passo alla volta, con il calcio ed il megafono, ma anche con la disponibilità della Polizia di Stato che ha aperto le sue palestre per allenamenti di boxe, ad ottenere risultati. Ha portato poi la sua attività in Puglia dove continua il lavoro.
“Ho fortemente voluto che don Antonio Coluccia portasse, nella Commissione regionale di studio e di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia, la sua forte e autorevole testimonianza, perché i suoi suggerimenti possono davvero arricchire il lavoro che stiamo svolgendo sul fenomeno delle baby gang che, in Puglia, sta registrando episodi molto preoccupanti”, ha detto il presidente di Commissione, Renato Perrini.
“Don Antonio, il prete sotto scorta perché nei quartieri periferici di Roma cerca di salvare dalla droga i ragazzi ‘dando la caccia’ agli spacciatori, ha fornito uno squarcio di verità e realtà che non risparmia nessuno: dallo Stato – che, specie nelle periferie, delega alla criminalità il welfare, a cominciare dal lavoro, visto che i giovani incensurati che spacciano per conto dell’organizzazione considerano l’attività illecita un lavoro! – ai genitori che finiscono per diventare un vero e proprio ‘clan’ quando difendono i loro figli che hanno sbagliato, prendendo posizioni contro la Scuola e i docenti, ma poi non vigilano sull’abuso dei videogiochi violenti, sui messaggi che vengono lasciati su TIK TOK, sulle serie televisive che enfatizzano il ruolo del criminale, quando ascoltano canzoni rap che sono contro la polizia, quando seguono influencer dalla dubbia moralità.
“Insomma, genitori che si preoccupano di ‘proteggere’ i figli dai professori, ma poi li lasciano, fuori dalla scuola, completamente in balia di esempi negativi. Il risultato è che non solo i ragazzi non leggono più, ma non sanno neppure più scrivere ed entrano a far parte delle baby gang per fuggire dalla noia.
“Una possibile soluzione? Lo sport sia quello praticato negli oratori sia con la collaborazione delle società sportive. Don Antonio: quando vedo ragazzi per strada, la prima cosa che faccio è avvicinarmi a loro con un pallone per entrare nella loro logica, ma per farli uscire con la mia!”, ha concluso Perrini.