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Bari, dalla paura ai diritti negati: “Essere donne? Qui non sempre è facile, devi faticare il doppio”

Pubblicato da: Francesca Emilio | Mer, 8 Marzo 2023 - 07:30

“Essere donna a Bari? Non è facile. La mentalità, in tanti casi, sembra ancora ferma al passato, si vive con la paura, non solo quando cammini per strada e sei sola, ma anche con quella di non farcela, perché anche se raccontano un mondo diverso, la verità è che i nostri diritti non vengono garantiti sempre e spesso devi fare il doppio dei sacrifici per raggiungere un obiettivo, tra mille ostacoli”. E’, in sintesi, il pensiero di alcune donne baresi, tre in particolare: Veronica (nome di fantasia), 35enne, Concetta, 45enne e Franca, 66enne, che, in occasione della Giornata delle donne, hanno voluto raccontare la propria esperienza a Borderline24.

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Tre vite e tre età diverse accomunate dalle difficoltà incontrate nel corso degli anni di vita vissuti nel capoluogo pugliese, in qualità di donne. Dal percorso di studi, a quello lavorativo, sino a passare alla quotidianità. Sono molte le problematiche riscontrate nel corso delle proprie esperienze in una città che, secondo i risultati emersi da una classifica stilata dal Sole24ore, così come raccontavamo in un articolo pubblicato lo scorso 26 dicembre, la qualità della vita delle donne, non è delle migliori. Bari, in particolare, è all’83esimo posto su 107 in termini di vivibilità e benessere da parte delle donne. A confermare le difficoltà sono proprio le donne.

Una questione di opportunità e differenze di genere, ma non solo. “Da Bari me ne sono scappata” – ha raccontato Veronica, che ha da poco conseguito una laurea magistrale e, il giorno dopo, senza neanche festeggiare con amici e parenti, è partita in Lombardia, dove oggi lavora. “Andarmene via è stata la scelta più facile, anche se molto difficile in realtà. A Bari, nonostante le diverse esperienze accumulate sia in Italia, sia all’estero, mi venivano offerti lavori con stipendi molto bassi rispetto a quelli che venivano offerti ai miei colleghi di sesso maschile. Avrei dovuto lavorare il doppio, per avere meno, una grande ingiustizia. Il mio percorso di studi è stato molto travagliato, ho preso una pausa lunga e per finire la triennale ci ho messo molto tempo. I professori, uomini, a volte, hanno approfittato delle mie fragilità, ricordo che, durante la preparazione di un esame, mentre ero a colloquio con un professore, mi mise una mano sulla coscia, come se fosse una cosa normale. Andai avanti e diedi l’esame senza mai ritornare sull’accaduto, facendo buon viso a cattivo gioco, non era stata una vera violenza, eppure non è una cosa normale. Ho proseguito gli studi cercando una certa distanza, perché questa società ti fa credere di essere dalla parte del torto, non mi sento davvero protetta, in qualità di donna. Probabilmente non è una cosa che accade solo a Bari, ma sicuramente accade soprattutto alle donne. Oggi sono felice delle mie scelte e più che mai felice di essere donna, ma ci vuole un coraggio e una forza che non tutte hanno, devi indossare abiti da uomo per non essere considerata una poco di buono, in pochi guardano oltre il corpo e l’apparenza di una donna, in pochi pensano, ancora oggi, che ha pari diritti e dignità di un uomo” – ha concluso.

Una questione di disparità, ma anche di diritti negati e mentalità, racconta invece Concetta, 45enne e madre di tre figlie che ha perso il marito, morto per tumore, ormai più di 10 anni fa e ha dovuto cavarsela da sola “con le difficoltà che una donna ha quando manca una figura maschile, in una società in cui l’uomo viene rispettato con più facilità” – ha precisato. “Con le mie figlie mi arrabbio sempre quando mi dicono che se ci fosse stato papà sarebbe stato diverso, a loro ho insegnato che bisogna imparare a farcela da soli. È brutto però quando di fronte hai un muro, quando devi fare da mamma e da papà in un mondo che non accetta che la donna possa avere qualcosa che sia al pari degli uomini. È brutto dirlo, ma si, se mio marito fosse ancora qui e lavorasse ancora, così come sarebbe stato eventualmente, avremmo avuto più diritti e meno problemi economici. Nel mio caso il bilancio è diverso, non mi sono mai trovata in un periodo buono. Oggi, per via della pensione di reversibilità che mi spetta per via della malattia di mio marito, riesco ad avere qualcosa in più, man mano che le mie figlie cresceranno ovviamente diminuirà lo stipendio, perché per lo Stato, non appena diventano maggiorenni, sono in grado di cavarsela da sole, non pensano al caso isolato o alla storia di ogni persona. Io non ho mai potuto pensare di avviare una carriera lavorativa concreta, non è facile essere madre, per giunta sola, e lavorare allo stesso tempo senza dover rinunciare a dedicare del tempo alle proprie figlie. Qui a Bari poi è davvero dura perché mancano supporti specifici, che ne so, asili nido nelle aziende.  Donna e lavoratrice sono due parole che non vanno a braccetto, donna madre e casalinga, si. Non ci sono diritti, non ci sono opportunità, dovrebbe essere possibile poter essere tutte le cose, senza dover rinunciare al lavoro o alla propria dignità e perché no, ai propri sogni. Sono stata fortunata, nel mio percorso ho incontrato persone che non hanno fatto pesare l’assenza di una figura maschile, eppure non è sbagliato dire che, la voce di un uomo spesso viene ascoltata di più di quella di una donna perché viene considerata superiore e più forte a priori, non posso dirlo, ma posso immaginarlo, in alcuni casi, qui, sarebbe stato meno difficile, ma andiamo avanti comunque, superando ogni ostacolo, perché essere donna, a Bari, ma forse anche nel mondo, ti costringe a dover essere più forte di ogni avversità, sempre ed è quello che insegno alle mie figlie, per loro è davvero dura a volte, lo è per la maggiorenne e lo è per le due piccole, una di 11 anni, una nel pieno dell’adolescenza, 17enne. Il timore di mandarle sole per strada è tanto, ma non posso negare loro di vivere” – ha concluso.

Una questione di rispetto, sicurezza e consapevolezza che “per gli uomini è più facile” ha invece sottolineato Franca, 66enne, non lavoratrice, che vive da anni a Catino, quartiere alla periferia nord di Bari, nel Municipio 5. “Da quando non c’è più mio marito ho paura di camminare da sola – ha spiegato raccontando un episodio subito per via di una baby gang che l’ha inseguita per strada – per le figure maschili c’è più rispetto. E’ sicuramente una cosa che accade ovunque, qui però succede spesso. Le donne hanno paura di camminare da sole, vengono importunate con più facilità. C’è meno rispetto. Ma siamo forti, in un modo o nell’altro ce la facciamo sempre, perché le donne, anche se in molti lo negano, hanno quel qualcosa in più che spesso scatta quasi per necessità di sopravvivenza in un contesto difficile a livello mondiale, oltre che locale. Alcune purtroppo si chiudono in sé stesse e restano sole, ma non c’è altro modo di farcela se non insieme. Unite possiamo fare tante cose. Quello che mi viene da aggiungere però è che spesso mancano le opportunità, sia per poter vivere al pari degli uomini, sia di socializzazione, qui per esempio non c’è nulla e tante donne, piccole o adulte, restano sole. Molte di noi più grandi, per esempio ci occupiamo solo della famiglia, senza avere la possibilità di spiccare realmente il volo e fare della nostra vita qualcosa in più rispetto a quello che, purtroppo, vuoi o non vuoi, la società impone come modello” – ha concluso.

Foto repertorio

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