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La ricerca dell’UniBa: lo studio del fegato grasso per una diagnosi precoce non-invasiva di alterazioni funzionali epatiche

Pubblicato da: redazione | Lun, 2 Gennaio 2023 - 11:30

Un altro contributo della scuola internistica barese sullo studio del fegato grasso per una diagnosi precoce non-invasiva di alterazioni funzionali epatiche. Uno studio coordinato dal prof. Piero Portincasa, docente del Dipartimento di Medicina di Precisione e Rigenerativa e Polo Jonico (DiMePRe-J) dell’Università di Bari  e Direttore della Clinica Medica “A. Murri”, è stato appena pubblicato in European Journal of Internal Medicine, importante rivista ufficiale della European Federation of Internal Medicine. (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36344354).

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 Lo studio rafforza i risultati del gruppo di ricerca da tempo impegnato nello sviluppo di tecniche non-invasive in pazienti con steatosi epatica, la più frequente malattia cronica del fegato che affligge circa un quarto della popolazione adulta mondiale. Spesso associata a sovrappeso, obesità, diabete e altre malattie metaboliche, la steatosi epatica “non alcolica” (acronimo NAFLD/MAFLD) può in alcuni casi evolvere verso forme più gravi come la fibrosi, la cirrosi epatica e l’epatocarcinoma.

Lo studio è stato condotto in collaborazione con la prof.ssa Paula Macedo, leader del gruppo di ricerca della istituzione portoghese Associação Protectora dos Diabéticos de Portugal (APDP) a Lisbona.

“I risultati dimostrano che l’iniziale accumulo di grasso nel fegato – spiega il Dr. Agostino Di Ciaula, primo autore della pubblicazione – molto prima che compaia la temibile fibrosi, è causa a livello epatico di ridotta estrazione e metabolizzazione di specifiche molecole “marcate” con l’isotopo stabile non radioattivo “13C”. Dopo ingestione le molecole sono trasportate dall’intestino verso il fegato e l’isotopo può essere misurato nel respiro. Queste evidenze hanno importanti implicazioni in prevenzione primaria e secondaria della steatosi, perché siamo in uno stadio di malattia ancora reversibile, a patto che si impieghino approcci adeguati e tempestivi”.

“Grazie all’impiego dei cosiddetti “breath test” – aggiunge il Prof. Portincasa – e ad una attenta valutazione internistica dell’asse metabolico intestino-fegato, è possibile diagnosticare alterazioni epatiche ancora in fase sub-clinica. Questi risultati arricchiscono l’esperienza maturata dal nostro gruppo di ricerca negli ultimi anni, nel contesto di importanti progetti europei Horizon 2020 (“Foie Gras”) che hanno portato lustro, finanziamenti e giovani ricercatori internazionali alla nostra università”.

Il titolo originale del lavoro è “Liver fat accumulation more than fibrosis causes early liver dynamic dysfunction in patients with non-alcoholic fatty liver disease” e gli autori sono Agostino Di Ciaula, Harshitha Shanmugam, Rogério Ribeiro, Ana Pina, Rita Andrade, Leonilde Bonfrate, João F. Raposo, M. Paula Macedo e Piero Portincasa.

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