Il noto esponente politico pugliese Filippo Barattolo, già assessore comunale e coordinatore regionale dell’Unione di centro è indagato con un avvocato barese e un commercialista (messo ai domiciliari) perché accusato di avere messo in atto, in quanto commissario liquidatore, un sistema per drenare risorse economiche a diverse cooperative in liquidazione coatta amministrativa. Gli indagati sono accusati a vario titolo in concorso di peculato, falsità ideologica e materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale in relazione alla gestione di cooperative in liquidazione coatta amministrativa con sedi a Padova, Roma, Savona, Taranto e Torino.
Nei loro confronti la guardia di finanza ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Bari su richiesta della procura mettendo agli arresti domiciliari il commercialista calabrese residente e Roma, Gianluigi Caruso, di 56 anni, che sarebbe il dominus dell’attività illecita. Per Barattolo e l’avvocato barese Sergio Adamo, il gip ha disposto la sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici di commissario liquidatore e curatore fallimentare per la durata di un anno. Ai tre sono stati anche complessivamente sequestrati beni per circa un milione di euro, pari all’ammontare complessivo del profitto dei reati, allo stato, acclarati. Le indagini sono partite da accertamenti antiriciclaggio avviati nei confronti di Barattolo che all’epoca dei fatti era commissario liquidatore, nominato dal Mise, di alcune cooperative.
I finanzieri hanno rilevato anomale movimentazioni bancarie: in sostanza il commissario liquidatore avrebbe prelevato con varie modalità e si sarebbe quindi appropriato di denaro che era nella sua disponibilità per ragioni di ufficio, sottraendolo al patrimonio delle cooperative in liquidazione. Indagini successive condotte anche con intercettazioni, perquisizioni, hanno accertato anche l’altro avvocato coinvolto, Adamo, usava lo stesso sistema par la cooperativa di cui era commissario liquidatore e che, al vertice di tutto ciò, c’era il commercialista romano Caruso condannato in via definitiva, nel 2014, per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio nell’ambito di altra vicenda processuale. Caruso, secondo l’accusa, sarebbe stato il commissario di fatto delle cooperative gestite formalmente dagli altri due e percepiva dai due commissari parcelle da centinaia di migliaia di euro senza l’autorizzazione del ministero