Uno studio di alcuni ricercatori dell’Università degli Studi di Perugia dimostra “chiaramente” che anche una breve esposizione al fumo passivo è in grado di avviare, entro 30 minuti, una serie di meccanismi infiammatori che concorrono alla formazione dei danni tissutali prodotti in seguito a quella ripetuta e a lungo termine. E’ stato recentemente pubblicato sulla rivista International journal of environmental research and public health.
Autori sono il gruppo del prof. Mario Rende, ordinario di Anatomia umana, clinica e forense, in collaborazione con quello del prof. Marco dell’Omo, associato di Medicina del lavoro. Già impegnati nel progetto di Ateneo “Smoke-Free Unipg”. I ricercatori del Dipartimento di Medicina e Chirurgia hanno sperimentalmente ricreato un ambiente domestico in cui per un’ora hanno soggiornato dei gruppi di volontari, rigorosamente non fumatori, esposti al fumo di alcune sigarette commerciali fatte bruciare in un normale posacenere. E’ stato così rilevato – spiega l’Università in un comunicato – come, anche una “brevissima esposizione” al fumo passivo, sia capace di determinare un rapido cambiamento quantitativo di una proteina presente nel sangue e legata a meccanismi infiammatori, il recettore p75NTR legante una serie di neurotrofine.
Tutto questo – viene sottolineato ancora – ha una maggiore rilevanza specie se i soggetti esposti sono dei neonati e dei bambini. I risultati dello studio hanno inoltre dimostrato – riferisce sempre l’Ateneo – un ulteriore risvolto di natura medico-legale. Infatti, attualmente l’esposizione al fumo passivo viene più comunemente identificata raccogliendo le urine delle 24 ore e dosando nelle stesse la concentrazione dei prodotti del metabolismo della nicotina. In base ai risultati dello studio è ora però possibile rilevare l’esposizione al fumo passivo in tempi considerati molto più precoci, attraverso il prelievo di sangue e con il dosaggio del recettore p75NTR.