In Puglia il “Long Covid” colpisce dopo la guarigione tra il 5 e il 10% dei pazienti ma “i servizi dedicati per prestare assistenza però sono insufficienti”.
A fotografare lo stato di affanno della rete ospedaliera della Puglia nell’era post-emergenza è la Survey lanciata da Fadoi, la Federazione dei medici internisti ospedalieri durante il suo congresso a Roma.
Anche se la fine dello stato di emergenza non ha cancellato il virus – si legge nel report – ha ridotto la paura nei suoi confronti e gli assistiti sono tornati a bussare alle porte degli ospedali, mettendo a nudo i problemi di sempre: carenza di personale e difficoltà organizzative. Il tutto con le problematiche poste dalla necessità di conciliare i percorsi dei pazienti Covid con quelli non Covid, che comunque distraggono personale e letti, mettendo in difficoltà le strutture”. In media, è calcolato, quasi un paziente su dieci è afflitto dal Long Covid. “I sintomi più diffusi restano quello della stanchezza cronica e dalla cosiddetta ‘nebbia cerebrale’. L’età media dei casi è tra i 30 e i 60 anni”, si legge ancora.
“Diverse Unità operative di Medicina Interna sono state coinvolte nell’assistenza ai pazienti Covid ed alcune non sono state ancora restituite all’attività ordinaria. Esiste un problema di smaltimento delle liste di attesa sia per i ricoveri che per le attività ambulatoriali”, spiega Franco Mastroianni, presidente regionale Fadoi e direttore di Medicina dell’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. “I percorsi per la gestione dei pazienti Covid – prosegue – all’interno degli ospedali non sono ancora stati aggiornati. Bisogna far convivere i soggetti positivi con i soggetti negativi al fine di garantire assistenza appropriata ad entrambi. L’istituzione di stanze di isolamento, operative solo in alcuni ospedali, potrebbe essere una soluzione ma devono essere incrementate”. (ANSA).