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Non solo caro gasolio, il racconto di un autotrasportatore pugliese: “Siamo dimenticati, non è vita”

Pubblicato da: Francesca Emilio | Lun, 28 Febbraio 2022 - 07:30

“Mi sono ritrovato i figli maggiorenni e una nipotina senza averli vissuti del tutto, sono quasi sempre in strada, quello che guadagno non basta neanche a compensare tutti i sacrifici e la schiena spezzata”. A raccontarlo a Borderline24 è Michele Perrotti, padre di famiglia, nonno, ma anche autotrasportatore che, con l’azienda omonima situata nel Foggiano, si occupa di trasporti sul territorio da trent’anni.

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Non solo caro gasolio, quella raccontata da Michele, che sul camion ci è salito la prima volta quando aveva 13 anni,  è una “non vita” che, ha precisato, vede oggi gli autotrasportatori “dopo due anni al servizio della nazione finiti nel dimenticatoio”. Dai costi quadruplicati della benzina, sino a quelli dell’autostrada, ma non solo anche l’eccessiva pressione fiscale e la richiesta effettuata al Governo da parte degli autotrasportatori di rientrare nella categoria di lavoro usurante. Sono solo alcuni degli interventi urgenti richiesti per i quali, negli scorsi giorni, le arterie stradali della Puglia, ma anche di tutta Italia,a si sono riempite di camion che hanno spento i motori con l’obiettivo di accendere i riflettori su una condizione che dura da troppo tempo.

“Così non possiamo farcela” – ha detto Michele sottolineando che il caro gasolio è, di fatto, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. “Le aziende sono in ginocchio – ha raccontato ancora – il gasolio è lievitato. Ogni volta che accendiamo il motore perdiamo circa 300 euro, non riusciamo ad ammortizzare. Ma non è solo questo, dall’autostrada all’AdBlue, i prezzi sono quadruplicati. Ci siamo attrezzati per non inquinare, prima di Adblue, per 70 litri, spendevamo 20 euro, oggi 80 euro. Io ho 13 camion, ma chi ne ha uno soffre come me. Noi, per non gravare sulle aziende, vogliamo essere aiutati dal governo, siamo in ginocchio, ma non ci ascoltano” – ha aggiunto evidenziando che nell’ultimo confronto le risposte sono state rimandate al post 31 marzo, ovvero dopo la fine dello stato di emergenza.

“Ma noi non possiamo aspettare così tanto – ha detto ancora – in questi due anni non ci siamo mai fermati, eravamo degli angeli, adesso siamo dei demoni. Abbiamo rischiato la vita per far mangiare la nazione eppure veniamo maltrattati. Adesso i tempi sono cambiati, ma la nostra non è una vita facile. Quando ho iniziato ero piccolo, partivo con mio padre mentre tutti i miei amici andavano a divertirsi, ricordo ancora le dormite nel sacco a pelo, le buste di plastica addosso per non morire di freddo. I camion allora erano senza riscaldamento. Oggi abbiamo più comfort, ma la gente si dimentica che dentro i camion ci sono persone che lasciano moglie e figli a casa, che mettono su famiglia e per metà della vita non la vedono. La nostra non è vita e il governo non ci ascolta. Dovrebbero scendere tutti con noi in piazza”, ha specificato. Ma non solo, quella stessa solitudine, ha spiegato Michele, adesso gli autotrasportatori la vivono perché stanno portando avanti una protesta che non vede il supporto delle associazioni di categoria.

“Non siamo difesi neanche da loro – ha aggiunto – così abbiamo deciso di creare un nuovo movimento. Ci sono alcuni sindaci che ci supportano, tra questi quello di Lucera, San Severo e Manfredonia, speriamo se ne aggiungano altri. Oggi saremo a Roma. Al Governo non chiediamo solo una revisione dei costi del gasolio, abbiamo altri interventi urgenti che riguardano il nostro lavoro. Tra questo il fatto che non rientra tra i mestieri usuranti, eppure lo è. Dovrebbero provare a fare questo lavoro per capire”.

Tra le altre richieste, si legge nella nota, la revisione delle accise, il costo elevato dei dipendenti, i pedaggi autostradali elevati, le tariffe a forcella necessarie per evitare eccessivi abbassamenti sleali e i rimborsi autostradali diretti, senza il passaggio dalle associazioni. “Il nostro è un lavoro in cui quello che guadagniamo lo dobbiamo anche spendere per mangiare durante i turni stancanti o per lavorare. Dobbiamo anticipare tantissimi soldi, dobbiamo mangiare quando non abbiamo fame e dormire quando non abbiamo sonno, non siamo neanche liberi, abbiamo vincoli stringenti. Per non parlare delle tasse, i costi sono diventati troppo elevati. Fino ad ora l’unica certezza è che l’unica risposta data è quella di aspettare, ma non possiamo. Prolungheremo la protesta fino a quando sarà necessario. Se devo fallire fallisco da fermo, senza debiti” – ha concluso.

 

 

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