Al supermercato, un litro di latte fresco costa fino a 1,65 euro. Lo stesso litro di latte viene pagato all’allevatore, primo anello della filiera, 40 centesimi. Il prezzo riconosciuto ai produttori è lo stesso di 24 anni fa, anzi è addirittura leggermente inferiore, poiché nel 1997 un litro di latte munto in stalla aveva una quotazione di 900 lire (che corrispondono agli attuali 45 centesimi). Questo spiega solo in parte la crisi degli allevatori, perché ad azzerare la redditività delle loro aziende non c’è soltanto un compenso al ribasso, ma anche l’aumento dei costi di produzione causato dall’incremento del prezzo dei mangimi, il rialzo delle tariffe inerenti al gasolio e all’energia elettrica, i costi aggiuntivi determinati dagli eventi climatici estremi degli ultimi due anni. La denuncia è della Cia Puglia.
“Non si comprende – si legge in una nota degli agricoltori – dunque, come mai da un quarto di secolo agli allevatori vengono dati solo riconoscimenti morali ma non economici. Il valore aggiunto, infatti, va a finire soltanto nelle tasche dei restanti anelli della filiera. Gli stessi anelli sono cresciuti negli ultimi decenni grazie al latte di qualità pugliese e anche grazie a risorse economiche pubbliche. Senza il latte prodotto dagli allevatori non c’è burrata, non ci sono mozzarelle e formaggi, la filiera si ferma”.
“A quel latte, al buon latte pugliese, e al lavoro necessario per ottenerlo (dalla nutrizione e cura degli animali alla gestione degli impianti, fino agli stipendi dei dipendenti) deve essere riconosciuto il giusto valore”, ha dichiarato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia, l’organizzazione che per oltre un anno si è battuta affinché si arrivasse, lo scorso 7 ottobre, alla sottoscrizione del Protocollo per la stabilità, la sostenibilità e la valorizzazione della filiera lattiero-casearia pugliese. “E’ passato quasi un mese da allora”, ha aggiunto Carrabba, “e nell’intesa sottoscritta da tutti, anche dalle associazioni che difendono gli interessi di caseifici e Gdo, ogni parte si era impegnata a riconoscere prezzi non inferiori ai costo di produzione, tanto sul versante della produzione primaria che su quello della trasformazione, in considerazione di elaborazioni oggettive di istituzioni quali ISMEA, Università, riconosciuti Centri di studio e ricerca”, ha ricordato il presidente di CIA Puglia.
“Siamo al fianco degli allevatori, l’anello debole della filiera ma anche quello più importante. Se la piena operatività dell’intesa raggiunta col Protocollo del 7 ottobre dovesse continuare ad essere tradita e aggirata, a tutto svantaggio dei produttori primari di latte, CIA Puglia è pronta a mobilitarsi e a mobilitare i suoi associati con le forme di protesta da concordare. Troppe aziende rischiano di scomparire, la situazione è realmente critica e gravissima”.