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Bari, a 72anni rischia di finire sulla sedia a rotelle. Il fisiatra: “Attenzione alle terapie inadeguate”

Pubblicato da: Davide Impicciatore | Dom, 17 Ottobre 2021 - 08:30

La signora Anna (nome di fantasia) ha 72 anni e vive in provincia di Bari. Come quasi tutte le persone della sua età ha forti dolori alla schiena. Si rivolge al medico di famiglia, ma con pochi risultati. Poi va dall’ortopedico che, dopo una prima cura farmacologica (anche questa con scarso successo), la indirizza da un fisioterapista/osteopata di sua conoscenza. Purtroppo le cose non vanno meglio e, anzi, rischia addirittura di finire sulla sedia a rotelle. Sino a quando, però, lo stesso terapista le suggerisce di rivolgersi ad un fisiatra. Oggi  Anna non prende più farmaci e trascorre una vecchiaia tranquilla, senza troppi dolori.

“Ogni giorno – racconta il dottor Francesco Lavarra, direttore sanitario del CIR, il centro internazionale di riabilitazione di Capurso – mi capita di ricevere pazienti come la signora Anna che, prima di rivolgersi al fisiatra, hanno chiesto aiuto ad altre figure come osteopati, fisioterapisti o massaggiatori, le quali, però, non sempre sottopongono i pazienti a terapie adeguate. A loro spetta eseguire le cure, ma sotto prescrizione medica”.

Il fisioterapista, infatti, aveva sottoposto la signora Anna ad una decina di sedute osteopatiche, Sino a quando ai dolori si era aggiunto il blocco articolare. “La risonanza non bastava per comprendere la situazione complessiva della colonna vertebrale della signora– spiega  Lavarra –. Per questo, dopo aver fatto un’attenta anamnesi, le ho prescritto anche altri esami strumentali (radiografia e densitometria ossea). Oltre alle ernie, l’anziana soffriva di ipotiroidismo (con alta percentuale di sviluppare osteoporosi), aveva bassissimi valori di vitamina D e alcune vertebre ravvicinate tra loro (spondilo-artrosi): in quella situazione il trattamento manipolativo avrebbe potuto provocare una serie di fratture, con conseguenze drammatiche”.

“Nella sua condizione – continua il medico – solo dopo terapia farmacologica per l’osteoporosi e quella antalgica per il dolore ho potuto prescrivere l’idrokinesiterapia (riabilitazione in acqua). Ora la signora Anna non prende più farmaci e sta decisamente meglio”.

“Il nostro – spiega Lavarra, stavolta nelle vesti di segretario del SIMMFIR, il sindacato italiano medici di medicina fisica e riabilitativa – non è assolutamente un attacco verso gli operatori sanitari addetti all’esecuzione dei trattamenti fisioterapici, con cui peraltro lavoriamo in team. Vogliamo solo far chiarezza nei confronti dei tanti pazienti che, come la signora Anna, nel momento del bisogno cercano chi può dare loro un aiuto”.

Il SIMMFIR, insieme alla società scientifica SIMFER (che raggruppa la maggior parte dei fisiatri italiani), si è posto l’obiettivo di far comprendere  la differenza che intercorre tra il fisiatra e le altre figure del settore (fisioterapisti, osteopati, massaggiatori, kiropratici e laureati in scienze motorie). “Circa 8 pazienti su 10 – racconta Lavarra – arrivano già con un aggravamento delle condizioni. Questi pazienti pagano in prima persona due volte: prima economicamente, poi in termini di salute, con conseguenze che possono diventare anche molto gravi”.

Il fisioterapista diventa dottore in fisioterapia dopo una laurea triennale, mentre il fisiatra (la cui figura in Puglia risale agli anni ’80) acquisisce il titolo dopo quasi dieci anni di studio. “È come se l’intervento chirurgico lo facesse l’infermiere. Credo che alla maggior parte dei pazienti questo risulterebbe assurdo, come infatti è”.

Ma nemmeno l’ortopedico è riuscito a risolvere i problemi della signora Anna. “Questo – spiega Lavarra – perché l’ortopedico è un chirurgo, il fisiatra è il medico più competente per le problematiche riabilitative. Hanno approcci diversi: uno invasivo, l’altro più conservativo”.

La replica.

Puglia, la replica del fisioterapista: “Fondamentale lavorare in team”

 

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