“Non c’è più tempo contro l’antimicrobico resistenza, è urgente impiegare le energie nel potenziare la diagnostica microbiologica rapida, la formazione del personale infermieristico e medico, la formazione di specialisti non infettivologi che possano prescrivere antibiotici in maniera appropriata”. E’ l’appello lanciato dai clinici che, di fronte al grave problema delle ICA, un problema di salute pubblica che interessa mediamente l’8% dei pazienti sottoposti a cure mediche, chiedono un intervento concreto da parte della politica e dalla amministrazione ospedaliera.
Ogni anno, in particolare, in Italia dal 7 al 10% dei pazienti va incontro ad un’infezione batterica multiresistente. Sono 284mila sono i pazienti colpiti da infezioni correlate all’assistenza (ICA) con circa 10mila decessi annui causati da infezioni da batteri antibiotico resistenti e una perdita in anni di vita che è la più elevata d’Europa. Il tema dell’antimicrobico resistenza, negli scorsi giorni, è stato affrontato nel corso di un webinar organizzato da Motore Sanità dal titolo “Focus Puglia. Dal “cutting edge” della ricerca in antibiotico terapia al bisogno di nuovi antibiotici, dalla valutazione del valore al place in therapy appropriato”.
In termini di prevenzione, le infezioni presenti negli ambienti ospedalieri e nei luoghi di cura annessi (day hospital e ambulatori infusionali) rappresentano una sfida e un pericolo cruciale per tutti i pazienti (in particolare per alcune tipologie di pazienti fragili e ad alto rischio, come ad esempio i malati oncologici, quelli oncoematologici e quelli in terapia intensiva). Solo in una percentuale di casi, intorno al 30%-40%, potrebbero essere evitabili attraverso scelte preventive appropriate. Inoltre è dimostrato ampiamente dalla letteratura internazionale che con l’aumento dei consulti infettivologici si abbatte di molto il consumo degli antibiotici, si riducono le degenze e i costi, migliora l’appropriatezza prescrittiva, migliorano gli outcome.
“Non ci dobbiamo inventare niente, gli addetti ai lavori sanno bene cosa c’è da fare per la lotta all’antimicrobico resistenza, è una questione di volontà (concreta) di tipo politica e amministrativa ospedaliera – ha spiegato Sergio Carbonara, Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Ospedale di Bisceglie -ASL BAT – le esperienze ci sono sia all’estero sia in Italia, hanno dimostrato che investendo concretamente negli step raccomandati nella lotta all’antimicrobico resistenza il problema è stato davvero in gran parte abbattuto e contenuto nei minimi termini. Sono necessarie normative attuative”. Alle sue parole fanno eco quelle di Lidia Dalfino, Dirigente Medico presso AOU Anestesia Rianimazione, Policlinico Bari.
“È indispensabile che si passi subito alla fase attuativa, i percorsi da attuare li conosciamo – ha spiegato – è necessario investire risorse nella formazione del personale infermieristico e medico, nel rispetto dell’infection control, e nella formazione di specialisti non infettivologi che possano prescrivere antibiotici in maniera appropriata; nell’implementazione della diagnostica microbiologica che sia h24, sette giorni su sette, che sia rapida per i pazienti critici. Ci sono molti esempi di modelli organizzativi da seguire, già precostituiti” – ha concluso.
Molte strutture extra-ospedaliere, va specificato, non sono pronte o non sono attrezzate o altrimenti insufficienti per accogliere soggetti anziani o soggetti che dall’ospedale diventano non autosufficienti tanto da non poter rientrare in sicurezza al domicilio. “Il prolungamento della degenza è legato anche a questo aspetto, per cui un occhio va dato anche all’organizzazione dei servizi extra-ospedalieri per accogliere soggetti parzialmente o non autosufficienti – ha spiegato invece Franco Mastroianni, Presidente FADOI Puglia – forse un attento monitoraggio anche sia dell’uso dell’antibiotico sia delle infezioni nelle strutture residenziali andrebbe fatto, perché la struttura residenziale è un bacino che accoglie un elevato numero di pazienti in cui non esiste un controllo ragionato e metodico dell’uso degli antibiotici o quanto meno della valutazione delle pratiche di prevenzione. La multidisciplinarietà, infine, a tutti i livelli nei nostri ospedali deve essere recuperata e questa è l’esperienza che dal Covid dobbiamo mutuare alle nostre pratiche cliniche quotidiane” – ha concluso.
L’appello conclusivo, nel corso dell’evento, è toccato a Cesare Certini, Presidente Regionale di Cittadinanzattiva: “I dati del fenomeno dell’antimicrobico resistenza ci mettono di fronte ad un’emergenza che impone ancora di più oggi interventi urgenti. La “Carta della qualità̀” e della sicurezza delle cure per pazienti e operatori sanitari”, che abbiamo presentato lo scorso ottobre, nasce proprio per rispondere all’esigenza comune di fissare i diritti-doveri che cittadini e professionisti reciprocamente si assumono, per assicurare un servizio sempre migliore e contribuire a raggiungere livelli sempre più elevati di qualità e sicurezza, nel rispetto dei diritti della Carta Europea dei diritti del malato” – ha concluso.