La Polizia di Stato di Bari, nel pomeriggio odierno, ha eseguito un provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta di quella Procura della Repubblica, nei confronti dell’ex gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Beneditis, e un caporal maggiore dell’Esercito italiano, Antonio Serafino, di 43 anni. A De Benedictis il provvedimento è stato notificato in carcere dove l’ex giudice è detenuto dal 24 aprile scorso per corruzione in atti giudiziari. In tutto sono tre gli indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di traffico e detenzione di armi ed esplosivi, anche da guerra, e relativo munizionamento e di ricettazione.
Le indagini, avviate nel novembre scorso dalla Direzione Distrettuale di Bari e delegate alla Squadra Mobile della Questura di Bari, hanno inizialmente riguardato un Caporal Maggiore Scelto dell’Esercito Italiano, 43enne, incensurato e ritenuto in collegamento con alcuni trafficanti d’armi dell’area metropolitana barese. Nel prosieguo dell’attività investigativa, è emerso che il soggetto frequentava abitualmente l’altro odierno indagato, il giudice Giuseppe De Benedictis.
“L’attività tecnica – sostiene la polizia – ha rivelato che i due, nel corso dei loro incontri, discutevano sovente di armi, di come procacciarsele e di come occultarle una volta ottenute. Numerose le conversazioni nel corso delle quali i due dibattono di armi e munizioni in loro possesso. A seguito del coinvolgimento del magistrato, l’indagine è stata trasferita, per competenza, alla Procura della Repubblica di Lecce, che ha proseguito gli accertamenti con l’organo di Polizia Giudiziaria barese. L’attenzione degli investigatori, già dai primi mesi dell’anno, è stata rivolta, in particolare, alla ricerca e all’individuazione del luogo ove erano occultate le numerose armi che, secondo quanto emerso dalla massiva e capillare attività di intercettazione posta in essere, si trovavano in un luogo segreto nella disponibilità dei due indagati”.
In questo contesto è emersa la figura del terzo degli odierni indagati, un 55enne imprenditore andriese. Le intercettazioni effettuate nei confronti dei tre, nel tempo, hanno portato gli investigatori ad ipotizzare che fosse proprio l’imprenditore a custodire, in una delle sue proprietà, l’ingente quantitativo di armi e munizioni nella disponibilità del terzetto.
“La scaltrezza e l’attenzione dimostrata dai tre indagati – dice ancora la polizia in un comunicato – che non hanno mai apertamente, nemmeno tra loro, svelato l’esatto luogo ove era occultato il micidiale arsenale, se non genericamente indicato, durante le conversazioni intercettate, come “il pozzo”, non ha impedito ai poliziotti della Squadra Mobile di giungere all’individuazione della proprietà nella quale erano occultate le armi. Dopo l’arresto del magistrato, avvenuto lo scorso 24 aprile, gli altri due soggetti sono diventati ancor più attenti nell’incontrarsi e nel discutere al telefono delle questioni relative alle armi”.
Pertanto, lo scorso 29 aprile, la Procura della Repubblica di Lecce, sulla base delle numerose risultanze acquisite, ha emesso un decreto di perquisizione nei confronti dell’imprenditore, avente ad oggetto tutte le sue proprietà. Nel corso della perquisizione eseguita dalla Polizia di Stato in una masseria sita in agro di Andria, sulla via per Corato, in una dependance attigua al corpo principale dell’immobile, in un pozzo sottostante un deposito degli attrezzi, protetto da una pesante botola di ferro e cemento ben occultata sotto arredi da cucina, è stato rinvenuto un micidiale arsenale comprendente più di 200 pezzi tra fucili mitragliatori, fucili a pompa, mitragliette comunemente usate dalla criminalità organizzata in agguati armati (tra gli altri, 2 kalashnikov, 2 fucili d’assalto AR15, 6 mitragliatrici pesanti Beretta MG 42, 10 MAB, 3 mitragliette UZI), armi antiche e storiche, pistole di vario tipo e marca, esplosivi, bombe a mano ed una mina anticarro, oltre a circa 100.000 munizioni di vario calibro. Per tale rinvenimento, l’imprenditore è stato arrestato in flagranza di reato per detenzione di armi da guerra e comuni da sparo e relativo munizionamento, detenzione di esplosivi e ricettazione, mentre, in data odierna, gli è stata notificata in carcere l’informazione di garanzia per i reati sopra descritti. Sull’ingente materiale rinvenuto sono in corso i laboriosi accertamenti balistici e documentali volti a scoprirne origine e natura.