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Taranto, critiche su accordo per ex Ilva. Emiliano: “Non tutela la salute dei cittadini”

Pubblicato da: redazione | Ven, 11 Dicembre 2020 - 18:15
Critiche del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla firma dell’accordo tra Governo italiano, Invitalia e Arcelor Mittal in merito al futuro dell’ex Ilva.  “Tutta la maggioranza di governo della Regione Puglia da me consultata oggi pomeriggio in apposita conferenza dei capigruppo – ha detto Emiliano – alla quale hanno partecipato PD, Con Emiliano, Popolari con Emiliano, cui si è aggiunta la capogruppo del M5S, in coerenza con le linee linee programmatiche di recente approvate dal Consiglio Regionale della Puglia, esprime il proprio netto dissenso sul contenuto dell’accordo ArcelorMittal, Invitalia, Governo italiano avente ad oggetto il gruppo Ilva. Un accordo che non tutela la salute dei tarantini e il nostro ambiente”.

“Abbiamo oggi appreso solo dalla stampa che lo Stato italiano è diventato nuovamente socio, questa volta al 50%, di una delle più importanti acciaierie europee avente sede a Taranto, dalla cui proprietà al 100% era uscito nel 1995 – continua Emiliano –  L’Accordo tra Invitalia e Mittal non è noto e le informazioni a nostra disposizione sono scarne e frammentarie.  Appare, tuttavia, evidente che l’accordo è avvenuto nel solco di un piano industriale che, confermando o addirittura rilanciando la tecnologia tradizionale che ha caratterizzato la fabbrica di Taranto dalla sua costituzione ad oggi, appare anacronistico e assolutamente fuori dal perimetro di decarbonizzazione che è stato per anni oggetto di discussione ed approfondimento”.

“La sola idea che il raggiungimento di una produzione industriale vicina alle 6 milioni di tonnellate di acciaio, passi attraverso la ricostruzione degli altiforni, ed in particolare di AFO 5, genera sgomento – continua –  Ricostruire il più grande altoforno d’Europa con la tecnologia a ciclo integrato a carbon coke significa continuare ad inquinare l’80% in più rispetto alle tecnologie con le quali si attua la decarbonizzazione totale della fabbrica. È una scelta incongrua, datata, utile esclusivamente ad avvicinare la fabbrica ad una ipotesi di presunta redditività che, però, dovrà essere comunque garantita dai soldi pubblici a sostegno della massiccia cassa integrazione attuata da ArcelorMittal attuale affittuario di un ramo d’azienda”.

“Redditività che, ricordiamolo tutti, si basa sulla condivisione, o meglio sullo scarico totale al sistema pubblico, di tutti i danni di natura ambientale e sanitaria che quella fabbrica ha generato e genererà ancora per anni. Sconvolge che l’accordo venga siglato contemporaneamente ai decisivi passi che l’Unione europea ha compiuto con il programma Next Generation – prosegue Emiliano –  Firmando l’accordo di stanotte l’Italia saluta questo importante traguardo offrendo al mondo una prospettiva industriale del secolo scorso, in cui le next generations subiranno il peso ambientale, sociale e finanziario di una scelta scellerata. Abbiamo offerto con lealtà e perseveranza al Governo l’opportunità di confrontarci su un tavolo tecnico, dove avremmo portato un contributo che deriva non solo dai nostri approfondimenti tecnico/finanziari, ma dalla lettura della realtà rappresentata dall’evoluzione in atto nell’industria pesante in tutto il mondo. Davanti alle evidenze che portiamo, relative alla concreta possibilità di operare una transizione verso tecnologie pienamente eco-compatibili, che partano dal gas e raggiungano l’idrogeno, ci viene eccepito che si tratta di tecnologie troppo costose e non profittevoli.  Nonostante i cittadini italiani stiano da anni mantenendo con le proprie tasse un’azienda tecnicamente improduttiva, asseritamente strategica. Da anni gli italiani offrono, senza rendersene conto, un contributo finanziario determinante per la sopravvivenza della fabbrica, nonostante la fabbrica uccida, inquini, faccia ammalare, allontani altri investimenti industriali e turistici. E questo già oggi, in costanza della presenza di un investitore privato”.

“Si è deciso, senza un dibattito pubblico o istituzionale, che la produzione dell’acciaio è una prerogativa irrinunciabile del nostro Paese, e che non è necessario che quella produzione avvenga in maniera rispettosa della vita delle persone e della tutela dell’ambiente – continua ancora –  E decidere di non farlo mentre i pilastri della programmazione comunitaria vengono orientati verso la finanziabilità di investimenti che garantiscano la transizione green dell’industria europea, anche in deroga alle norme sulla concorrenza e gli aiuti di Stato, è una scelta incomprensibile. L’Italia e Taranto non potranno godere degli aiuti europei che servono a rendere green le acciaierie e sarà lo Stato, con i nostri soldi, a ricostruire il mostruoso altoforno 5 a carbone. È pazzesco che gli aiuti di stato italiani ricostruiscano tecnologia non green, non decarbonizzata, facendo cadere, miseramente, il velo della convenienza di adeguamenti industriali moderni e ambientalmente compatibili”.

Intanto però dal premier Giuseppe Conte arrivano rassicurazioni.  “Certamente a Taranto ci sarà l’idrogeno, ci siamo ripromessi fin dall’inizio che sarà il progetto più avanzato e più serio di transizione energetica”.  Nello specifico, il premier, ha risposto alle domande di chi gli chiedeva se nel futuro dell’ex Ilva di Taranto, destinata ai fondi del Just Transition, ci sarebbe la possibilità di abbandonare i combustibili fossili.

Il premier ha assicurato che all’interno dell’accordo è previsto un piano che, in un arco temporale già previsto, renderà green lo stabilimento pugliese abbandonando “in parte” i combustibili fossili.

 

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