Hanno scelto un garofano bianco per ricordare i 44 colleghi che hanno perso la vita durante la prima fase dell’emergenza Covid e per far sentire la propria voce, pronti anche ad incrociare le braccia da lunedì 2 novembre. Sono gli infermieri italiani riuniti nel sindacato Nursing Up, che nel pieno della seconda fase dell’escalation di contagi da Coronavirus minacciano uno sciopero di 24 ore – fino alle ore 7 di martedì 3 novembre – “per dire ancora una volta no all’indifferenza, alla mancanza costante di un dialogo costruttivo con il governo e le Regioni, al non coinvolgimento nelle decisioni chiave per il futuro della categoria”.
“Da martedì saremo ancora una volta noi e solo noi, a rischio della nostra vita, a tentare di tirarci fuori dalle sabbie mobili in cui tutti siamo finiti – spiega Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato, che prosegue – È emblematico che in un frangente così delicato per la storia della sanità pubblica del nostro Paese, siano gli infermieri, perno indiscutibile di un sistema deficitario che si regge a galla grazie al loro impegno e alla loro dedizione per la strenua difesa della salute della società civile, a decidere volontariamente di non recarsi sul posto di lavoro e di aderire all’azione promossa dal nostro sindacato, con tutte quelle che possono essere le conseguenze del loro gesto, garantendo beninteso, come la legge vuole e come vogliono gli stessi infermieri a beneficio dei cittadini, i servizi minimi”.
A chi chiede alla categoria di rinunciare alla protesta, De Palma risponde spiegando che “troppo importanti sono le istanze in gioco, troppo lunga è l’attesa di una svolta che non è mai arrivata. Prevediamo – prosegue – una massiccia partecipazione, ma soprattutto vogliamo lanciare un messaggio al Governo ed alle regioni che, nei fatti, ci stanno ancora una volta voltando le spalle, con accompagnamento di inutili elogi e lodi sdolcinate”.
Al centro delle istanze della categoria, l’adeguamento di stipendio con un aumento in busta paga, la creazione di un alveo contrattuale autonomo che valorizzi economicamente e professionalmente il ruolo degli infermieri e provvedimenti concreti, che consentano di svolgere la professione in sicurezza. “Consapevoli che lottiamo contro un mostro di nuovo agguerrito e lo facciamo oggi più che mai con armi spuntate, con una carenza di infermieri che ad inizio pandemia era di almeno 53000 unità – proseguono i referenti sindacali – contestiamo quei provvedimenti secondo i quali un infermiere che viene a contatto con un soggetto infetto debba continuare a lavorare fin quando non avrà sintomi della malattia, rappresentando un rischio per se e per gli altri, mentre qualsiasi altro cittadino nelle stesse condizioni viene collocato in quarantena. Anche noi abbiamo famiglie, i nostri figli sono come quelli degli altri, non vogliamo metterli a rischio, pretendiamo di lavorare in sicurezza”.