Lasciare la propria terra a soli 19 anni per catapultarsi in un paese nuovo, con una lingua nuova e decidere di incominciare tutto da lì. È la storia di Marco, pugliese di nascita e di spirito, originario di Casamassima che, nel 2013, dopo il diploma conseguito presso il liceo linguistico “Don Milani” di Acquaviva delle Fonti, ha deciso di seguire alcuni dei suoi coetanei e di partire alla volta dell’Inghilterra. Un salto nel vuoto, in quella Londra leggendaria che tutti i giovani sognano e dove Marco ha superato le difficoltà dell’adattamento grazie ad una voglia audace di mettersi in gioco e ad una grande passione per il mondo della ristorazione.
È proprio da lì che inizia la sua avventura londinese, grazie ad un primo impiego come lavapiatti nel locale che diventerà la sua seconda casa: è lo Station House Pub, aperto nel 2009 dal suo compaesano Raffaele Losito e nella cui cucina lavorano gli chef Giuseppe Montanaro e Ivan Sinigallia, anche loro di Casamassima. Sono stati loro a spronarlo e ad investire sulla formazione di questa nuova risorsa, forti anche di quello spirito di vicinanza e di sostegno che solo tra compaesani può esprimersi in tal misura.
“Ho accettato questo lavoro consapevole che fosse il primo passo per raggiungere il mio obiettivo e non ho mai mollato. Passo dopo passo, sono riuscito a scalare le vette della gerarchia e ad ottenere la posizione come Head Chef dopo cinque intensi anni di duro lavoro e dopo aver frequentato svariati corsi di aggiornamento – racconta Marco – l’esperienza di successo del mio datore di lavoro, che come me, all’età di 19 anni aveva lasciato la Puglia alla volta dell’Inghilterra, dove è riuscito a realizzare il sogno di aprire un locale tutto suo, è stata per me un grande esempio”.
Un esempio che, negli anni, ha trovato concretezza grazie a suggerimenti e consigli preziosi, come quello di investire sempre nel proprio lavoro: “You need to spend money to make money”, è la frase chiave della formazione di Marco da parte del suo titolare, che gli insegna, dunque, che occorre seminare ogni giorno per ottenere i guadagni, i risultati sperati.
È così che il sogno di Marco è divenuto realtà, con il tempo, la dedizione e tanta tenacia nell’affrontare anche avversità e cambiamenti. Come quello della Brexit che, come racconta lui stesso, non ha ancora fatto sentire i suoi reali effetti ma che potrebbe comportare, nel futuro, difficoltà nel reperimento, ai giusti prezzi, delle prelibatezze italiane che il ristorante importa costantemente: “Sarebbe un grosso colpo per l’economia inglese, perché noi italiani siamo i primi nel settore della ristorazione anche qui a Londra”, spiega.
E poi ancora, avversità e cambiamenti come nel caso, più recente, della pandemia da Covid-19, che ha costretto anche lo Station House Pub alla chiusura a partire dal 20 marzo e, presumibilmente, fino al prossimo 4 luglio. “Questa pandemia ha apportato grave danno alla gente anche qui, dal punto di vista economico e psicologico. Dal governo inglese siamo stati aiutati con il pagamento dell’80% degli stipendi e un sostegno a fondo perduto destinato a tutti i commercianti – racconta Marco – anche nel nostro ristorante, la proprietà ha deciso di utilizzare questo tempo di inattività e parte di queste risorse per adeguare il locale alla normativa anti-contagio”.
Un periodo che sembra ormai alle spalle ma che, certamente, lascerà un ricordo indelebile nel cuore degli inglesi come dei tanti italiani, nel proprio paese e all’estero. E proprio parlando della sua terra, il pensiero di Marco si fa quanto mai nostalgico: “Come potrebbe mai non mancarmi l’Italia – ci racconta – la nostra, è la nazione più bella del mondo e le mie radici sono fortemente ancorate lì. Purtroppo, però, sono consapevole che l’economia italiana è fortemente provata da oltre un decennio di recessione, a cui ora si sommano le conseguenze di questa pandemia. In Inghilterra – spiega ancora, rammaricato – esistono ancora tante opportunità per noi”.
E, interrogato su quale messaggio vorrebbe dare ai giovani italiani che sognano di farcela, Marco non ha dubbi: “Direi loro di guardarsi bene dentro e decidere senza paura quello che vorrebbero per il proprio futuro. Se necessario, suggerirei loro di provare esperienze all’estero, anche solo per una maggiore formazione e conoscenza del mondo. Anche perché – conclude – credo sia giusto staccare il cordone ombelicale e imparare da subito a cavarsela da soli”.