I carabinieri hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere e numerose perquisizioni a Bisceglie per l’omicidio di Girolamo Valente perpetrato nell’agosto del 2017. Le complesse indagini, coordinate dalla dottoressa Luciana Silvestris della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, hanno permesso di raccogliere gravi indizi di colpevolezza in relazione all’efferato omicidio che, in quella circostanza, vide coinvolta anche la moglie di Valente che nell’occasione rimase ferita in modo lieve. Dai provvedimenti cautelari sono stati attinti uno dei boss del clan Capriati di Bari, Filippo Capriati classe ‘71, e Paolo De Gennaro, classe ‘88.
Il raid, consumato a breve distanza da un altro agguato mortale avvenuto nel giugno dello stesso anno, aveva insanguinato l’estate biscegliese e terrorizzato la locale comunità per le modalità mafiose dell’esecuzione. I due sicari (uno dei quali in corso di identificazione) agirono in pieno giorno, con volto travisato da casco integrale e muniti di giubbotto antiproiettile. A bordo di un motociclo affiancarono l’autovettura sulla quale viaggiava la vittima insieme alla moglie ed esplosero ben diciotto colpi di mitragliatrice, che attinsero mortalmente il pregiudicato Valente e ferirono lievemente la moglie.
Le indagini immediatamente avviate si orientarono anche a carpire eventuali elementi di colleganza con il fatto di sangue avvenuto due mesi prima ai danni del defunto Matteo De Gennaro, hanno rivelato un complesso quadro indiziario, che ha messo in luce un vero e proprio accordo tra il materiale esecutore (fratello di Matteo De Gennaro) ed il reggente del clan barese Capriati per realizzare l’omicidio. Sfruttando i rapporti di natura criminale con il boss, infatti, il giovane killer biscegliese ha chiesto ed ottenuto il placet per perpetrare il delitto.
Sulla base di quanto emerso dalle indagini, il movente che avrebbe spinto il giovane biscegliese tratto in arresto questa mattina, ad uccidere Valente sarebbe scaturito da una duplice motivazione: da un lato soddisfare il desiderio di vendetta per la presunzione che egli avesse decretato la sentenza di morte nei confronti del fratello De Gennaro Matteo e, dall’altro lato, per affermare la propria personalità criminale nel locale traffico di sostanze stupefacenti. Il tale ottica, dunque, il benestare del boss Capriati, tradottosi nell’ordine di uccidere Valente, avrebbe garantito al sicario la necessaria “protezione” da eventuali successivi atti vendicativi.