La Procura di Bari, riferisce l’Ansa, ha chiuso le indagini preliminari su una presunta truffa aggravata da 130mila euro ai danni di una anziana cliente della Banca Popolare di Bari, che sarebbe stata commessa in concorso da cinque persone: il presidente del Consiglio di Amministrazione, Marco Jacobini, l’ex direttore generale, Vincenzo De Bustis, l’amministratore delegato, Giorgio Papa, e due funzionarie dell’istituto di credito, Alessandra Domenica Siletti e Alfonsa Zotti.
Stando sempre alle indagini della Procura, coordinate dall’aggiunto Roberto Rossi, «con artifizi e raggiri, Siletti e Zotti, che svolgevano servizio di gestione del portafogli, Iacobini, De Bustis e Papa, in quanto determinatori del disegno criminoso operato mediante delibere e direttive, nonché profittando della particolare situazione di vulnerabilità» della signora, oggi 91enne, l’avrebbero «indotta ad acquistare prodotti finanziari ad elevata rischiosità» per 130mila euro.
In questo modo avrebbero procurato «alla Banca un ingiusto profitto con rilevante danno patrimoniale, ancora non definitivo» della cliente, «determinato – si legge nell’imputazione – dalla svalutazione dei suddetti prodotti (svalutazione allo stato ancora in corso) e dalla impossibilità di monetizzarli, con conseguente incapacità della stessa di accedere ai propri risparmi di una vita». In particolare, gli indagati non avrebbero «sufficientemente informato il cliente dei rischi connessi all’acquisto dei titoli» e avrebbero «manipolato il questionario di profilatura del rischio», relativo al 2010, «con la finalità di porre le basi per la successiva collocazione di strumenti finanziari evidentemente inadeguati alle caratteristiche personali e agli obiettivi della suddetta persona offesa».
«Manipolazione consistita – scrive la Procura – nell’aver alterato le dichiarazioni relative alle strategie di investimento della cliente, la quale nel questionario del 2008 dichiarava di orientarsi a favore di investimenti che le consentissero di proteggere il capitale e ricevere flussi di cassa periodici, costanti e prevedibilì (il che è del tutto ragionevole, per una persona ampiamente rientrante nella fascia della terza età)», mentre «nel questionario del 2010, e dunque appena due anni dopo, dichiarava invece che l’obiettivo da lei perseguito è quello di una crescita significativa nel medio lungo periodo, anche sopportando forti oscillazioni di valore».
Gli indagati avrebbero inoltre «omesso di consegnare alla persona offesa, al momento della esecuzione degli ordini, tutta la documentazione prevista dalla legge» e «inadeguatamente attuato procedure di trattazione degli ordini di vendita, in palese violazione della parità dei soci, con conseguente impossibilità di vendere le azioni stesse nel momento in cui vi era la possibilità».