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Santa alleanza tra clan di Bari, Scu e mafia foggiana per inquinare l’economia: le donne ai vertici delle cosche

Pubblicato da: redazione | Mer, 13 Febbraio 2019 - 18:07

«Sembrerebbe in atto un avvicinamento tra camorra barese, mafia foggiana e Sacra Corona Unita, al punto che, in alcuni casi, la cerimonia di affiliazione di sodali baresi è stata celebrata alla presenza di un rappresentante della Scu. Una circostanza che assume, anche sul piano simbolico, un valore non trascurabile». Lo scrive la Direzione investigativa antimafia nella relazione sull’attività del primo semestre 2018 consegnata al Parlamento.

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«Le tre menzionate organizzazioni mafiose pugliesi – si legge nella relazione -, pur riconoscendosi come autonome, specie nel controllo militare del territorio, sembrano proiettate, sotto l’egida delle famiglie dominanti, alla realizzazione di una sinergica struttura multi-business, con una mentalità criminale più moderna e specializzata, che consente loro di spaziare nei vari ambiti dell’illecito (come quello delle scommesse illegali on-line) e di affermare una tendenza espansionistica verso i settori in crescita dei mercati legali. In tale prospettiva, le associazioni criminali si dimostrano capaci di attuare efficaci strategie d’infiltrazione nell’indotto economico-finanziario gestito dagli enti locali, in particolare nel settore dei rifiuti. Questa mafia degli affari, proiettata verso obiettivi di medio-lungo termine, utilizza il potere di assoggettamento per condizionare non solo gli Enti locali, ma anche il tessuto imprenditoriale. In tali ambiti, la corruzione diventa il grimaldello per permeare la pubblica amministrazione».

La Dia punta molta attenzione al ruolo delle donne nella gestione del malaffare: “Mogli e parenti dei boss – si sottolinea – rivestono ormai da tempo compiti di primo piano in seno alle organizzazioni criminali, con i variegati ruoli di reggenti, cassiere ed emissarie dei rispettivi clan, abili anche nel garantire continuità alle attività illecite gestite dai capi detenuti, ottemperando alle disposizioni recepite con pizzini, lettere o durante i colloqui in carcere”.

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