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Anche a Bari il progetto per svuotare i canili: “Ecco come abbiamo fatto a Vieste”

Pubblicato da: redazione | Dom, 25 Marzo 2018 - 14:00
Cani randagi

È stato presentato  il progetto “Zero cani in canile” ideato da Francesca Toto, esperta di marketing territoriale, e applicato con successo a Vieste dai volontari della Lega Nazionale per la Difesa del Cane. L’obiettivo è quello di svuotare gradualmente i canili attraverso una serie di azioni congiunte e la costituzione di una fitta rete costituita da istituzioni e associazioni animaliste.

All’incontro a Palazzo di Città hanno presenziato anche il consigliere delegato del sindaco alle politiche per la tutela ed il benessere degli animali Livio Sisto, gli assessori allo Sviluppo Economico, Carla Palone, alle Culture, Silvio Maselli, e alle Politiche educative e giovanili Paola Romano, il comandante della Polizia Municipale Michele Palumbo e il dirigente della ripartizione Tutela dell’Ambiente Vincenzo Campanaro.

“Oggi siamo qui per ascoltare dai responsabili del progetto quanto realizzato negli 7 ultimi anni a Vieste – ha esordito Livio Sisto -, dove il Comune è riuscito a risparmiare circa 8mila euro l’anno e sono state portate a termine circa 900 adozioni, svuotando di fatto il canile sanitario. È bene chiarire che questa iniziativa non ha colore politico ma l’unico obiettivo di eliminare, un po’ alla volta, un business, di circa 500mila euro solo nella nostra città, che nuoce ai nostri amici a quattro zampe”.

Si tratta di un progetto gratuito per le amministrazioni e basato su 5 azioni fondamentali: educazione e formazione; sterilizzazioni, profilassi e cure; adozioni e integrazione degli animali nel tessuto sociale; costituzione di una task force di controllo composta da ASL, Polizia locale, Guardia di Finanza, Carabinieri forestali, associazioni, Protezione civile, Guardie zoofile, veterinari ed educatori cinofili; gestione e conversione dei canili in oasi polifunzionali.

“Per la riuscita del progetto, che comunque richiede molti anni – ha spiegato Francesca Toto – è necessaria una forte collaborazione tra i soggetti coinvolti per il bene degli animali. Inoltre, tutti devono necessariamente fare la loro parte, dai Comuni alle Asl passando per i volontari, perché spesso si è badato più alle questioni economiche che alla risoluzione del problema randagismo”.

Di seguito, alcuni stralci del progetto “Zero cani in canile”:

  • Educazione e formazione: realizzazione di un opuscolo cartaceo/web da divulgare alla popolazione contenente informazioni sulla corretta detenzione dei cani, microchip, raccolta deiezioni, leggi in vigore e sterilizzazioni. Contestualmente si avviano delle campagne di sensibilizzazione nelle scuole (50 minuti in ogni scuola in cui, oltre ai temi dell’opuscolo si insegna ai ragazzi il corretto approccio con l’animale; i più motivati verranno formati per diventare piccole guardie zoofile che si formano rispetto a procedure e leggi sui maltrattamenti degli animali, che saranno segnalati ai volontari); delle iniziative che prevedono visite a casa, nelle strutture per anziani e per persone con disabilità per avvicinarli al mondo degli animali; la formazione delle Forze dell’ordine o della magistratura in merito ai reati effettuati nei confronti degli animali affinché non restino impuniti; la creazione di reti con gli ordini veterinari per portare avanti delle campagne di sensibilizzazione; la formazione dei volontari da realizzare in collaborazione con ASL e Comuni; incontri con associazioni di categoria (aziende zootecniche e agricole) al fine di supportarli nella gestione dei cani da guardia e guida al pascolo e in eventuali partenariati a per contrastare il randagismo con affidi temporanei o adozioni di uno o più cani (le aziende potrebbero ricevere in cambio sgravi fiscali); la selezione e formazione di famiglie che vogliano ospitare animali fino all’adozione.
  • Sterilizzazioni, profilassi e cure: il cane viene portato nel canile sanitario per essere microchippato, sterilizzato e esaminato. Laddove non vi sono strutture sanitarie comunali si interviene con provvedimenti di emergenza, come le degenze post sterilizzazione in affido temporaneo presso volontari o famiglie selezionate. Dopo la degenza, in mancanza di stalli, il cane potrà essere reimmesso in attesa di adozione come cane collettivo, se vi sono le condizioni e se previsto dalle leggi regionali. In alternativa, la sua degenza in rifugio dovrà essere solo transitoria in attesa di adozione.
  • Adozioni: l’animale viene fotografato per tracciare un profilo comportamentale avviare l’iter di adozione (protocollo di tracciabilità e impegno dell’associazione ad occuparsi dell’adozione e alla ricollocazione in caso di problemi successivi all’adozione). Per nessun motivo gli animali adottati con questo progetto devono finire in canile. Per le adozioni di animali disabili, anziani e malati vengono attivate le “adozioni del cuore” realizzate con criteri più restrittivi. Si procede attraverso la divulgazione della foto e della storia del cane sul web, l’invio di un questionario di preaffido e della scheda dettagliata del cane, il colloquio di preaffido a casa del richiedente in presenza di tutti i membri della famiglia effettuato da guardie zoofile/volontari, il controllo postaffido, l’attivazione di sistemi per il monitoraggio nel tempo (ad esempio, la creazione di gruppo su facebook degli adottanti) e l’archiviazione della storia dell’animale affinché ci sia sempre tracciabilità.
  • Gestione e conversione dei canili in oasi polifunzionali: la gestione dei canili, dove possibile, dovrebbe essere dei Comuni e, dove non è possibile la gestione da parte dell’amministrazione, non affidata a chi si occupa di adozioni e socializzazione animali, al fine di evitare conflitti di interesse perché nessuno svuoterà mai un canile completamente se ciò può comportare una perdita di introiti. L’obiettivo è quello di avviare una graduale conversione dei canili in piccole oasi polifunzionali senza gabbie, con cani in piccoli gruppi compatibili ed entrate economiche sempre meno incentrate sulla detenzione di randagi attraverso il denaro pubblico e sempre più basate sull’offerta di servizi alla popolazione animale attraverso l’utilizzo di fondi privati. Per il contenimento dei costi di personale si potrebbero avviare progetti, ad esempio, con l’UEPE – Ufficio di Esecuzione Penale Esterna e i servizi sociali, previa formazione e valutazione della compatibilità con l’attività svolta. I bandi pubblici relativi all’appalto dovrebbero contenere maggiori servizi offerti inclusi nel prezzo anziché ribassi, un piano graduale di diminuzione delle presenze in canile a breve, medio e lungo termine con obiettivi misurabili in termini di adozioni tracciabili e diminuzione di entrate animali, campagne d’informazione per la cittadinanza e le scuole, servizi privati (asilo, dog sitter, dog taxi, ecc.), l’orario di apertura al pubblico compatibile con la disponibilità di chi vuole adottare, il nullaosta per le associazioni (a seguito di un protocollo per le procedure e la tracciabilità e l’ingresso nei canili finalizzato alla socializzazione e alle adozioni) che devono svolgere attività di sensibilizzazione e adozione gratuitamente e senza alcuna richiesta di rimborso spese, un protocollo di tracciabilità e controlli sulle adozioni effettuate ad opera della task force e una rendicontazione annuale da presentare al Comune di competenza.
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