Sarà un giudice civile a stabilire se Raffaele Fitto negli anni in cui era presidente della Regione Puglia, abbia causato un danno all’ente nell’ambito della vicenda sulla gestione delle Residenze sanitarie assistite (Rsa). Lo ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza con cui ha annullato con rinvio al Tribunale civile la sentenza, risalente al dicembre 2013, della Corte di Appello di Bari che aveva dichiarato la prescrizione del reato di falso ideologico contestato all’ex governatore pugliese, condannandolo al risarcimento nei confronti della Regione Puglia.
In particolare i giudici della Suprema Corte ritengono che ai fini della responsabilità penale sarebbe necessario disporre l’audizione di un testimone, l’allora dirigente del settore sanità della Regione Puglia, così come chiesto dalla difesa. Dichiarazioni ritenute “prova decisiva” e “potenzialmente idonee a incidere sull’esito del giudizio di Appello, nell’alternativa proscioglimento-condanna”. Tuttavia, essendo il reato prescritto, non c’è più tempo per fare un processo nel merito. Per questo la Cassazione ha confermato la prescrizione annullando però la condanna al risarcimento e rinviando ad un giudice civile.
La delibera ritenuta falsa faceva riferimento all’impossibilità delle Asl di gestire direttamente le 11 Rsa regionali, rendendo così legittimo il ricorso all’affidamento delle gestione a soggetti privati mediante apposita gara del valore di 198 milioni di euro. Si tratta di uno stralcio del processo “Fiorita” sulla presunta tangente da 500mila euro pagata dall’imprenditore romano Giampaolo Angelucci per aggiudicarsi quella gara. Accuse, queste ultime, dalle quali Fitto è stato assolto in appello e il processo pende attualmente in Cassazione.