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Minacce e cantieri danneggiati, così il clan Parisi teneva Japigia sotto scacco: la Procura chiede 20 condanne

Pubblicato da: redazione | Mar, 16 Maggio 2017 - 17:00
La gru arrugginita nel quartiere Japigia

La Dda di Bari ha chiesto 20 condanne a pene comprese fra i 10 anni e i 6 mesi di reclusione per pregiudicati e imprenditori accusati di estorsioni, con l’aggravante del metodo mafioso, ai danni di aziende e commercianti di Bari e provincia commesse da esponenti del clan Parisi di Japigia. Nel processo, che si sta celebrando con il rito abbreviato, sono imputati un fratello e un nipote del capo clan Savinuccio, Nicola e Tommaso (per loro chieste le condanne più alte a 10 anni di carcere), alcuni affiliati al clan oltre a imprenditori che da vittime sarebbero diventati complici dell’organizzazione, tra i quali titolari di cantieri edili e di aziende di prodotti ittici e caseari.

Dalle indagini della guardia di finanza, coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, a gestire il giro di estorsioni era il clan Parisi che, attraverso il ricorso a minacce, fisiche e a mano armata, al danneggiamento di mezzi da cantiere, si faceva consegnare denaro, forniture di generi alimentari e buoni di benzina. Ad un commerciante di prodotti ittici sarebbe stato chiesto, per esempio, 1 euro per ogni chilo di pescato importato dalla Grecia (circa 1000 euro a settimana).

L’indagine nel febbraio 2016 ha portato all’arresto di 11 persone nell’ambito dell’operazione ribattezzata “Clean up”. Nel procedimento sono imputate altre otto persone che non hanno scelto il rito abbreviato, fra cui il pregiudicato Michele Parisi, fratello del boss e ritenuto il referente di questo gruppo criminale.

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