Per la rassegna “Imagine” dell’Associazione musicale “Nel Gioco del Jazz”, appuntamento martedì 7 marzo alle 21 al Teatro Forma di Bari con “Astrolabio”, il nuovo progetto discografico del sassofonista Roberto Ottaviano. Sul palcoscenico oltre ad Ottaviano si esibiranno Michel Godard alla tuba, Gianluigi Trovesi al clarinetto e Glenn Ferris al trombone. Ottaviano, come i naviganti utilizzavano l’astrolabio per le loro avventurose rotte nautiche, solca i mari espressivi di quest’album dirigendosi in posti lontani e carichi di mistero.
“Astrolabio” è un quartetto di soli strumenti a fiato dalla particolare cubatura timbrica che si riallaccia ad una vecchia esperienza dello stesso Ottaviano: un sestetto di strumenti a fiato degli anni Ottanta e i primi anni Novanta che si chiamava Six Mobiles.
Il repertorio è formato in larga parte da brani originali di Ottaviano ed altri da lui rivisitati che derivano da una tradizione antica di due autori arabi, tra cui un brano risalente al 1300 in Andalusia di Meu Sidi Ibrahim, e un altro pezzo di Abd Al Aziz legato all’impero ottomano.
“L’album è concepito come una sorta di concept”, afferma Ottaviano, “in cui c’è un personaggio immaginario, diviso tra il Medio Evo e il futuro, che compie un percorso in luoghi lontani, intorno a presenze simboliche, e che incontra persone che potrebbero essere quelle caratteristiche del film ‘Il Settimo Sigillo’ di Bergman, personaggi della commedia dell’arte e addirittura la morte con cui gioca a scacchi. Infine c’è un dialogo costante con sé stesso e con l’infinito sull’interrogazione circa la presenza di Dio. Questi brani sono scelti e messi insieme secondo questo concetto”.
“Astrolabio”, continua il sassofonista, “è una specie di itinerario sghembo, non rettilineo, fra musiche di segno opposto, amalgamate però da una linea estetica precisa”. Oltre ai brani originali e ai pezzi degli autori arabi il quartetto eseguirà anche due brani tratti dal repertorio dei Gentle Giant, storico gruppo pop inglese degli anni settanta. Fra rimandi all’etno-folk e alle danze popolari di stampo antico, e scorribande in un rock progressivo prosciugato dagli effetti elettronici e da un’eccessiva schematizzazione, il concerto è un insieme di idee tradotte in musica con un approccio coeso, dove la melodia è al centro del discorso formale e dove i temi si sviluppano in una sorta di meditazione ipnotica e inattesa. Il ritmo rimane spesso sospeso, astratto, ed ogni musicista inserisce frasi funzionali nei meccanismi idiomatici del quartetto.