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L’identikit dello scommettitore compulsivo: giovane e amante di videolottery e giochi virtuali

Pubblicato da: Natale Cassano | Mer, 22 Marzo 2023 - 11:55
giocatori videolottery

Meno di 30 anni di età, scommettitore compulsivo di sport virtuali e giocatore di videolottery. Dimenticate lo stereotipo di ludopatico, l’uomo di mezz’età che spende – una moneta alla volta – tutto lo stipendio alle slot machine o nell’ippica. La nuova generazione dei giocatori compulsivi è ben diversa, come racconta a Borderline24 – Il giornale di Bari un uomo che ha lavorato per 10 anni in un centro scommesse del centro murattiano, prima come terminalista – la persona che registra le giocate – e poi come responsabile. Lui preferisce rimanere anonimo, per questo lo chiameremo con un nome di fantasia: Luca.rnrnIl nuovo profilo del ludopaticornrn”Il ludopatico moderno – ci spiega – ha solitamente tra i 25 e i 30 anni. Non si concentra, come erroneamente si crede, sulle scommesse calcistiche dei vari campionati internazionali. Preferisce, invece, le videolottery e gli sport virtuali”. Le videolottery – anche conosciute come vlt – nello specifico sono giochi molto simili alle slot machine. L’unica vera differenza è che queste macchinette di nuova generazione non accettano più solo monete da 1 o 2 euro, ma permettono di inserire anche banconote e di continuare a giocare all’infinito. “Mi è capitato a fine giornata di trovare anche banconote da 500 euro – prosegue – il che significa che una singola persona può aver fatto anche 500 partite in una stessa giornata”.rnrnDalle parole di Luca si capisce che i giovani scommettono meno denaro rispetto agli adulti. Le cifre però non sono comunque basse: uno studente universitario può arrivare a giocare anche dai 50 ai 300 euro in un solo giorno, tutti consumati in singole scommesse da un euro anche sulle partite giocate da un computer. Già, virtualmente, perché è questa la novità nel settore, introdotta nel 2015. Sugli schermi viene trasmessa una gara di calcio, di ciclismo, una corsa automobilista e persino una competizione ippica o tra cani. Le gare non sono reali, ma riprodotte in 3D da un computer che sceglie in maniera casuale chi vince. “La differenza rispetto alle normali partite è che hanno breve durata. Ogni gara può durare pochi minuti e così si fidelizza il giocatore, che può passare anche ore nel centro scommesse”.rnrn

Uno dei giochi virtuali su cui si può scommettere: cavalli

Uno dei giochi virtuali su cui si può scommettere: cavalli

rnrnL’eterna solitudine dello scommettitorernrnC’è però un particolare che unisce la vecchia e la nuova generazione di ludopatici: la solitudine. Come ci spiega Luca, i giocatori compulsivi sono persone sole, che non amano i rapporti sociali, se non con le persone che incontrano all’interno del centro scommesse e con cui parlano esclusivamente di sport. “Spesso – commenta – non hanno famiglia e non vogliono crearsela. Hanno paura di tutto quello che c’è al di fuori di quel mondo”.rnrnE non è un caso se ci sono studenti che subito dopo la scuola  passano in ricevitoria e ci rimangono fino alla chiusura. E a Luca è capitato di ritrovarsi ragazzi – che non studiavano e non lavoravano – ad attenderlo la mattina dopo, davanti alla saracinesca ancora abbassata. Il gioco, d’altronde, non conosce orari.rnrnCentri scommesse che fanno giocare i minorennirnrnCosa porta però i ragazzi ad avvicinarsi a questo mondo? Spesso l’esempio dei genitori. Luca ci racconta infatti di aver visto decine di volte padri portare i figli piccoli e insegnargli così il significato di termini come 1X2, combo e doppia chance. E non è raro poi che i ragazzi, ancora minorenni, si affaccino nei centri scommesse, magari dicendo di dover giocare una schedina per il padre. “Tante volte abbiamo detto loro che è vietato – spiega Luca – ma sapevamo benissimo che a 20 metri avrebbero trovato qualcuno disposto a farli giocare pur di guadagnare”.rnrnIn altri casi è davvero il genitore che per comodità spedisce il figlio in ricevitoria per fargli giocare la sua scommessa. E se il terminalista – rispettando la legge – si rifiuta, rischia pure di uscirne malconcio. “Ho visto padri – conclude Luca – minacciare di picchiarmi se non avessi fatto giocare il figlio quando veniva da solo nel mio centro scommesse”.

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