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Soffocò la figlia di 3 mesi in ospedale: arrestato. Testimone un bimbo di 3 anni. I medici avevano avvisato i servizi sociali

Pubblicato da: Rosanna Volpe | Mer, 22 Marzo 2023 - 11:55

Sarebbe stato Giuseppe Di Fronzo – classe 87 originario di Altamura – a provocare il 13 febbraio scorso la morte di sua figlia, una bimba di tre mesi ricoverata nel reparto di pediatria dell’ospedale Giovanni XXIII. Secondo la Procura l’avrebbe soffocata mentre si trovava nella sua stanza di degenza attraverso un meccanismo traumatico di tipo asfittico.rnrnLe indaginirnrnSecondo quanto ricostruito dalle indagini – condotte dai carabinieri e coordinate dal pm Simona Filoni – la piccola nata a fine ottobre, nei tre mesi di vita era stata più volte ricoverata negli ospedali di Altamura e di Bari a causa di “riferite cianosi, difficoltà respiratorie, crisi dispnoiche”, condizioni mai riscontrate invece durante i ricoveri ospedalieri. Sino alla mattina del suo ultimo giorno di vita quando è stata colta da una crisi respiratoria, in assenza di problematiche cliniche riscontrate. Quella notte – intorno alle 23 – dopo l’ultima poppata e in condizioni di salute ottimali – la piccola ha avuto un’altra inspiegabile crisi mentre Di Fronzo – che era l’unico presente nella sua stanza – ha chiesto aiuto agli operatori sanitari quando ormai era troppo tardi.rn

La piccola vittima di altri episodi di violenza

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Gli esiti investigativi hanno consentito di accertare che la lattante deceduta, era stata destinataria di diverse azioni aggressive e violente da parte del padre – soggetto portatore della “Sindrome di Munchausen”. L’uomo inoltre dal 2010 al 2015 – prima cioè della nascita della bambina, figlia primogenita – era stato accolto diverse volte – 28 accertate – nei nosocomi di Altamura e di Matera, una volta anche per un tentato suicidio (poi rivelatosi totalmente inscenato). Gli accessi in ospedale erano poi cessati con la nascita della figlia, per poi riprendere quando la stessa aveva poco più di venti giorni, con crisi, attribuite questa volta alla figlia, sempre della stessa natura, “riferite” dal padre.

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Il depistaggio

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Durante tutto il periodo delle indagini l’arrestato ha mutato più volte versione dei fatti, pur di arrivare a far credere agli inquirenti che la notte dell’omicidio della figlioletta non si trovasse da solo in stanza con lei. Per questo aveva cercato di manipolare la sua convivente, ignaro di quanto accaduto quella notte.

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L’uomo – già in carcere da aprile scorso per il reato di violenza sessuale aggravata commessa in danno di una minorenne, figlia di una amica della sua convivente – è stato quindi raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Bari Roberto Oliveri Del Castillo e dovrà rispondere di omicidio. Sembra trattarsi del primo caso di omicidio consumato da un soggetto portatore della “Sindrome di Munchausen per procura” scoperto in Italia e posto in essere dalla figura paterna.

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Testimone un bimbo di 3 anni

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Un bambino di tre anni e mezzo che era ricoverato nella stanza d’ospedale della piccola avrebbe assistito a un tentativo di soffocamento della stessa bimba di tre mesi da parte del padre, la mattina precedente al giorno in cui Emanuela venne uccisa. Il bambino è stato sottoposto nei mesi scorsi ad ascolto protetto e ha confermato l’episodio mimando i gesti visti fare all’uomo.

rnVerso mezzogiorno del 12 febbraio scorso, secondo quanto accertato dagli investigatori, nella stanza c’erano soltanto il padre di Emanuela, la piccola e il bambino ricoverato nel letto accanto. Ad un certo punto Giuseppe Difonzo l’avrebbe distratto facendolo giocare con il suo telefonino e si sarebbe poi avvicinato al letto della figlia toccandola e premendole su fronte, bocca, collo e pancia. Subito dopo la bambina avrebbe iniziato a stare male. L’intervento di medici e infermieri le salvò la vita, ma dodici ore più tardi il 29enne ci avrebbe riprovato, questa volta riuscendo ad uccidere la figlia.rnrnI servizi sociali e il Tribunale avvisati del pericolo per la piccolarnrnLa piccola Emanuela, uccisa a 3 mesi dal padre,  si sarebbe potuta salvare. Dagli atti dell’inchiesta  emerge infatti che la situazione famigliare e di pericolo della bambina era stata segnalata da tempo al Tribunale per i minorenni di Bari. Già nel dicembre scorso, dopo il terzo ricovero della piccola, il primario di Neonatologia del Policlinico di Bari aveva segnalato al Tribunale per i minorenni un sospetto su possibili maltrattamenti subiti, ritenendo che i problemi respiratori della bambina non derivassero da una condizione clinica.rnrnIl successivo 9 gennaio, però, la piccola venne dimessa e ricoverata nuovamente il giorno dopo per una crisi respiratoria. Solo il 15 gennaio la piccola fu affidata ai servizi sociali di Altamura per collocarla in una comunità. Il provvedimento,  però, sulla base della relazione degli assistenti sociali, del curatore nominato dal Tribunale e delle dichiarazioni dei genitori, venne sospeso il 25 gennaio e poi definitivamente revocato il 29 gennaio. Il Tribunale riaffidò così la bimba a Giuseppe Difonzo e alla compagna, disponendo però visite domiciliari a partire dal 2 febbraio. Una settimana dopo Emanuela venne ricoverata di nuovo e il 13 febbraio morì.

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