“La Puglia, contrariamente a quanto in genere si pensa, è regione pericolosa dal punto di vista sismico non solo nelle sue zone nord (Gargano, Capitanata e Subappennino) ma anche nel resto del territorio”. Salvatore Valletta è il presidente dell’Ordine Geologi Puglia. In seguito al sisma che ha colpito ieri il centro Italia e che è stato avvertito anche a Bari, lancia un appello alla Regione: “Bisogna attrezzarsi fin da subito per conoscere meglio il territorio e sviluppare una mappatura accurata anche degli edifici”.
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I terremoti in Puglia
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Anche la Puglia è stata colpita da terremoti di grossa entità. Valletta cita due casi: quello del 1627 che interessò la Puglia nord, con magnitudo Richter 6.7 e con intensità Mercalli risentite fino all’undicesimo grado. “Causò migliaia di vittime ed enormi danneggiamenti, radendo al suolo interi paesi, nelle zone settentrionali della regione”, spiega il presidente dell’Ordine Geologi Puglia. E quello del 1743, con epicentro nel basso Ionio che causò molte vittime e grandi danneggiamenti nelle zone meridionali della regione, in particolare il Salento, con magnitudo Richter 7.1 e con intensità Mercalli risentite localmente fino al nono grado.
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“Di contro – spiega Valletta – la classificazione sismica della nostra regione, pur considerando la radicale riclassificazione operata nel 2004, appare per alcuni versi sottostimata”.
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La classificazione in Puglia
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La Puglia è stata divisa in quattro zone: la prima (a maggiore rischio sismico) è quella del subappennino dauno. La seconda del Gargano, la terza del barese e tarantino e la quarta del Salento.
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“Consideriamo ad esempio la zona 3, quella barese – prosegue ancora Valletta – è necessario studiare il sottosuolo, perché la conformazione delle rocce potrebbe amplificare un terremoto anche di lieve entità. Quindi dobbiamo sviluppare il cosiddetto studio di microzonazione sismica proprio per capire dove costruire e dove no e per individuare nelle aree più pericolose gli edifici realizzati secondo norme antisismiche e quelli no”.
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I fondi
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Dopo il terremoto aquilano del 2009 l’articolo 11 del decreto legge n. 39 del 28 aprile 2009 ha previsto che siano finanziati interventi per la prevenzione del rischio sismico su tutto il territorio nazionale e ha stanziato 965 milioni di euro in 7 anni (145,1 milioni per l’anno 2015 e 44 per il 2016). Si tratta – secondo l’Ordine Geologi Puglia – del 3- 4 per cento di quello che servirebbe per mettere in sicurezza antisismica il patrimonio edilizio nazionale, ma i finanziamenti sono destinati ad aree o edifici posti in zone caratterizzate da una accelerazione sismica massima (amax) durante i sismi, escludendo dai benefici tutto il centro-sud della Puglia.
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“Immaginare che l’intera Puglia centro meridionale continui ad essere esclusa da tali fonti di finanziamento non è più possibile – continua Valletta – in aggiunta vi è la problematica connessa ai piani comunali di protezione civile, che spesso sono redatti solo come adempimento burocratico, ma non sono ben centrati localmente sul rischio simico. In più le popolazioni spesso poco sono informate ed educate sul comportamento da tenere in occasione di eventi sismici”.
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L’assenza di un servizio geologico regionale
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In Puglia non esiste un servizio geologico regionale. “Tutto viene demandato all’Autorità di bacino – conclude Valletta – che ha anche altri compiti. Invece bisognerebbe porre maggiormente attenzione a questo campo. Istituendo un servizio con forti funzioni tecniche, e non solo amministrative, in cui vi siano geologi, ingegneri ed altri tecnici esperti del settore che lavorino assiduamente al fine di proteggere realmente le popolazioni e il patrimonio da tale primario rischio geologico, sfruttando al meglio tutte le fonti di finanziamento nazionali e comunitarie potenzialmente utili a tale scopo”.
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Ultimo problema è la scomparsa dei dipartimenti di Scienze della Terra dalle Università: in tutta Italia si è passati da 28 sedi prima del 2012 alle attuali otto.
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