È rottura tra Natuzzi e Regione Puglia. Dopo il nulla di fatto di ieri al Ministero e l’invio delle lettere di licenziamento, l’azienda ha declinato l’invito della Regione a partecipare alla task force convocata per lunedì.
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“Considerata la richiesta della Regione che – come “condizione per avviare ogni discussione” – chiede all’azienda il ritiro dei licenziamenti per i collaboratori del sito di Ginosa e la presentazione di un piano Industriale alternativo (a “esuberi zero”), che preveda il riassorbimento di tutti i collaboratori, il gruppo – si legge in una nota – dichiara di non poter accogliere le condizioni poste dalla Regione Puglia, essendo le stesse fuori dagli accordi sindacali e istituzionali sin qui siglati”.
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La Natuzzi ricorda l’intesa del 14 ottobre del 2015 che prevedeva dopo più di un decennio di ammortizzatori sociali un ultimo anno di cassa integrazione per cessazione dell’attività dello stabilimento di Ginosa, anno non rinnovabile.
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“La firma di quell’accordo – prosegue la nota – come autorevolmente e onestamente dichiarato dal vice ministro dello Sviluppo Economico Teresa Bellanova durante la cabina di regia del 13 ottobre scorso, sanciva anche la volontà delle parti di porre fine a un decennio di cassa integrazione che, pur avendo sostenuto il reddito dei collaboratori, non ha visto il realizzarsi delle condizioni per un loro rientro nelle attività produttive Natuzzi e non ha agevolato la loro ricollocazione presso altre aziende. Anzi, il perdurare della cassa integrazione si è ritorto contro le stesse aziende che vi fanno ricorso. È di pochi giorni fa la notizia dell’ennesimo blitz della guardia di finanza che ha scoperto ben 191 lavoratori in nero sul territorio pugliese, molti dei quali in cassa integrazione e operanti nel settore del mobile imbottito”.
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La Natuzzi ha confermato il suo impegno a costituire una newco che svolga nel sito di Ginosa le attività di taglio del poliuretano per le imbottiture attualmente svolte all’esterno. Una newco che sarà attivata entro i prossimi 18 mesi e che consentirebbe la riassunzione di circa 104 collaboratori dei 290 attualmente in esubero.
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“Qualunque ulteriore periodo di cassa integrazione – conclude la nota – non risolve nessuno dei problemi strutturali legati alla non ricollocazione dei collaboratori, non è funzionale all’implementazione del Piano industriale della New.co. e rischierebbe solo di allungare i tempi di un vero rilancio dell’economia di un territorio che non può più basarsi sulla cassa integrazione e sul sommerso. Bisogna prendere atto che occorre aprire una fase nuova e che occorrono soluzioni nuove, da perseguire insieme con coraggio, realismo e senso delle responsabilità. L’azienda è pronta ad assumersi le sue, fino in fondo”.
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