Non un canto qualunque, ma il “Canto degli italiani”. Una composizione scritta da due giovani ragazzi, idealisti e repubblicani, che alla vigilia della neonata Repubblica erano alla ricerca di un canto che potesse far sentire gli italiani uniti come fratelli, come amici. Tra le righe del canto, vien fuori l’espressione di un’unione fraterna come quella dei due giovani compositori, Mameli e Novaro, come ricorda il musicista Ezio Bosso durante un’intervista rilascita al Corriere della Sera in occasione dei 70 anni della Repubblica italiana.
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Un canto che fu poi suonato per la prima volta durante la festa delle Forze Armate per volere dell’allora Ministro Facchinetti il quale annunciò, inoltre, che avrebbe emanato un decreto per ufficializzare questo canto quale Inno nazionale provvisorio. In verità nulla rese quello che divenne da quel momento un inno de facto un Inno de iure poiché mai alcuna legge fu emanata per dichiarare ufficialmente questo canto “Inno d’Italia”. Una discussione durata decenni, tra critiche e proposte di sostituzione. Così, tra sondaggi per suggerire agli italiani un’alternativa e concorsi pubblici per proporre un brano originale, nulla ha mai sostituito negli anni a seguire il canto composto e musicato dai due amici genovesi.
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Una diatriba ancora non conclusa, considerato che il canto non è ancora parte ufficiale della Costituzione Italiana, ma a cui, tuttavia, è stato offerto un più alto valore anche grazie all’opera di Carlo Azeglio Ciampi che, a seguito del rifiuto di Carlo Muti di suonare l’inno durante una prima alla Scala nel 1999, si rifiutò di far la rituale visita nel camerino del direttore d’orchestra al termine del concerto.
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Dal 2012, a seguito dell’approvazione di una legge, ne è divenuto obbligatorio l’insegnamento nelle scuole mentre è dell’agosto 2016 l’ultima di una lunga serie di proposte di legge che possa renderlo ufficialmente, dopo 70 anni, Inno Nazionale.
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Chissà che questa volta si possa smentire una famosa frase di Giuseppe Prezzolini che ben si addice al Canto degli italiani: “In Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio“.
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