Ti senti un predestinato o quello che adesso stai facendo è frutto essenzialmente del caso?rnrnNon mi sento un predestinato, né penso che la mia vita professionale sia frutto del caso. La domenica, quando ero piccolo, mi piaceva osservare mia madre preparare il pranzo. Il pranzo domenicale, si sa, è il pranzo più importante di tutta la settimana e anche nella mia famiglia lo stare a tavola era il momento di riunione di tutta la famiglia, era il momento in cui la convivialità era mescolata alle grandi chiacchierate. Con il passare del tempo non mi bastava più osservare, ma volevo diventare il protagonista principale.rnrn rnrnDove e quando è cominciata la tua avventura?rnrnGià a 10 anni aiutavo mia madre. Ho iniziato a casa preparando parmigiana di melanzane, pizza di patate, castagnaccio, torta di mele. Poi ho proseguito con l’iscrizione all’istituto alberghiero di Molfetta e stagioni tra l’hotel Salsello e il ristorante Raya a Panarea.rnrn rnrnRaccontaci la tua missione, il tuo obiettivo finale, lo scopo che ti spinge a svegliarti e a fare quello che fai.rnrnIo non ho una missione, non ho un solo obiettivo, ne ho numerosi e altrettanti ne ho abbandonati. Molti obiettivi nascono di giorno in giorno, ma sono uno di parola e mi piace mantenerla. Correva l’anno 2009, in un pub biscegliese dichiarai ai miei compagni di sempre e ai miei familiari che avrei conquistato da chef di cucina le 3 stelle Michelin.rnrnEcco questo è l’unico obiettivo che percorro tutti i giorni, ma l’unica cosa che tutti i giorni mi spinge a migliorarmi è la passione e l’amore per questa professione.rnrn rnrnAssegnando delle percentuali, secondo te, per riuscire nella vita, quanto conta la fortuna, quanto la bravura e quanto la caparbietà?rnrnIo guardo me stesso e quello che ho mostrato professionalmente. Ognuno è un caso a sé.rnrnFortuna: 10 Bravura: 25 Caparbietà: 65rnrnL’Istituto alberghiero non mi ha dato grandi basi teoriche e pratiche di cucina. Fino a 23 anni ho fatto solo stagioni e ho iniziato perciò molto tardi nei ristoranti stellati. Sono stato molto caparbio, ero sicuro delle mie doti e che potevo fare la differenza.rnrn rnrnIl tuo legame con la tua terra d’origine. Quanto c’è di lei nelle creazioni alle quali dai vita, e soprattutto quanto c’è di lei in te?rnrnOgni cuoco trae ispirazione dalle sue origini. Se pensiamo ai più grandi chef, i piatti più riusciti sono quelli in cui sono riusciti a mescolare tecnica, gusto, territorio e sapori dell’infanzia. Per me è lo stesso. La mia terra d’origine è e sarà il mio faro.rnrn rnrnSei un fanatico del ”fast” o il tuo stile è più orientato verso lo ”slow”?rnrnOra come ora direi 50 e 50. Sono pugliese e quindi direi slow, ma vivo a Milano da 7 anni e mi piace l’energia che sprigiona questa città. Ha modificato il mio modo di vedere le cose, ma ancora non del tutto.rnrn rnrnChiudi gli occhi e visualizza un’istantanea in particolare, un momento, un attimo, una situazione nella quale hai pensato ”c*** ce la posso fare sul serio”rnrnOgni qualvolta mi metto in testa qualcosa. Chi mi conosce sa bene che sono testardo. Fino a quando non ho raggiunto il mio scopo non mollo. Mai.rnrn rnrnCome tutti, presumo, avrai affrontato anche tu nel tuo ambito lavorativo momenti negativi, con qualche collega, con un socio, o con l’opprimente e macchinoso titano della burocrazia. Come ne sei venuto fuori?rnrnHo solo un rimedio. Per quanto riguarda la parte professionale si sintetizza con una sola parola: LAVORO. Per quanto riguarda la parte affettiva: FAMIGLIA.rnrn rnrnWoody Allen diceva che l’arte del cinema si ispira indubbiamente alla vita. La tua arte, invece, a cosa si ispira?rnrnLa curiosità.
Claudio Catino, Chef “Andrea Berton” – Milano
Pubblicato da: Gigi Rana | Mer, 22 Marzo 2023 - 09:11
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