«a Bologna non c’è più blu e non ci sarà più finché i magnati magneranno per ringraziamenti o lamentele sapete a chi rivolgervi». (blu)
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«Non importa se le opere staccate a Bologna sono due o cinquanta; se i muri che le ospitavano erano nascosti dentro fabbriche in demolizione oppure in bella vista nella periferia Nord. Non importa nemmeno indagare il grottesco paradosso rappresentato dall’arte di strada dentro un museo. La mostra Street Art. Banksy & Co. è il simbolo di una concezione della città che va combattuta, basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi.rnDopo aver denunciato e stigmatizzato graffiti e disegni come vandalismo, dopo avere oppresso le culture giovanili che li hanno prodotti, dopo avere sgomberato i luoghi che sono stati laboratorio per quegli artisti, ora i poteri forti della città vogliono diventare i salvatori della street art». (wu ming)
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Queste le parole riportate da blu, e dal collettivo wu ming, schierato con l’artista.rnDovessi scrivere il testo di una canzone o un racconto o ancora un romanzo descriverei quello che sta accadendo a Bologna in questi giorni così:
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Credo nel cambiamento. Nonostante i fallimenti e l’umanità che sta andando a rotoli, credo ancora nel cambiamento. Ci credo perché penso che sia prima di tutto personale. Deve partire dalla pancia. Non sempre è facile, mai felice. Non è facile perché implica che ogni tuo gesto considerato diverso venga osservato, giudicato e criticato; non è felice, perché combattere chi vuole mangiare più di altri (nonostante abbia bisogno di una ferrea dieta) implica che ci sia una battaglia, e la battaglia porta dietro di sé dei caduti.
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In queste notti tra il 12 e il 13 marzo ho letto quanto sta accadendo a Bologna. Scrivono i giornali e i vari siti web che Blu sta cancellando le opere dalla città; alcuni lo criticano altri lo elogiano. Io… io piango perché questa sua protesta contro il grande magnate che vorrebbe fare delle opere di strada un mausoleo per ricchi annoiati che possono permettersi di comprare all’asta quante più opere possibili di artisti che in altri tempi avrebbero odiato e discriminato, ha lasciato solo grigio, niente più “blu”. Piuttosto che lasciar giocare i potenti Blu ha distrutto tutti i dadi. Che cos’è questo se non una prova di cambiamento? Non conterà milioni di persone, solo qualche decina, poche decine però son riuscite a destare gli addormentati e sicuramente a far arrabbiare qualcuno che pensava già a facili soldi, e tutto ciò non “imbrattando muri” ma per la prima volta cancellandoli. In ogni caso piango.
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Perché anche fosse una sola l’opera cancellata e non dieci o cinquanta, è un opera cancellata e per realizzarla non ha solo impiegato due giorni di lavoro fisico, ma vent’anni della propria persona, delle proprie esperienze, della propria crescita, per arrivare a quel punto, su quel muro. Questo atto è il tentativo di provare a cambiare le cose, è una prova amara e lo è per via di quei muri ingrigiti che diventano i caduti nella battaglia. Non hai risolto la situazione ma hai fatto capire, hai denunciato il marcio, e l’hai fatto vedere a tutti. Non riuscirete a venderlo Blu, perché non lo avete mai avuto. L’arte è rivoluzione.rnLa rivoluzione parte dall’individuo, e questo caso ne è un esempio.