Stamattina nove agenti della Polizia municipale di Bari saranno trasferiti ad altre mansioni che non richiedono l’uso della pistola perché – secondo gli accertamenti della commissione nominata dopo il blitz Codice Interno che ha portato a più di 130 arresti per voto di scambio politico-mafioso – avrebbero avuto contiguità inopportune con i clan mafiosi. La notizia è pubblicata dalla Gazzetta del Mezzogiorno in un articolo in cui si precisa che, ufficialmente, i vigili sono trasferiti per “esigenze di servizio” ma questo sarebbe un espediente per rendere difficile l’impugnazione del provvedimento. Il quotidiano evidenzia poi che nella relazione trasmessa dalla commissione al Viminale viene evidenziato quanto emerso sugli agenti, ovvero elementi che risalgono anche a più di dieci anni fa e che – secondo gli ispettori – sono sintomo di una vicinanza non consentita a persone controindicate. I nove vigili (tutti incensurati) sono ritenuti in qualche modo contigui a persone che orbitano nell’alveo del clan Parisi-Palermiti di Japigia.
C’è ad esempio un agente che, in tempi non recenti, sarebbe stato socio di un boss nella gestione di un noto locale notturno; c’è un altro agente che più volte sarebbe stato, nel corso degli anni, in compagnia di persone che un tutore della legge non dovrebbe frequentare (l’uomo si è giustificato spiegando che si tratta di amici di infanzia). Altri casi ancora riguarderebbero parentele con pregiudicati, in alcuni casi acquisite, che rendono problematico lo svolgimento di mansioni di controllo del territorio o a volte anche di indagine. Il 18 febbraio il prefetto Francesco Russo, nella lettera con cui ha comunicato al sindaco Vito Leccese che non ci sono i presupposti dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose, aveva anche preannunciato un provvedimento di sospensione per una vigilessa (già eseguito) e di un altro per la revoca del titolo di pubblica sicurezza (e dunque del porto d’armi) ad altri nove agenti. Il Comune ha deciso di non aspettare la prefettura.