Con la sosta dei campionati, il Bari ha l’occasione per ricaricare le energie e prepararsi al rush finale della stagione. Finora il cammino dei galletti è stato altalenante, con prestazioni convincenti alternate a passi falsi che complicano la corsa ai playoff. Per analizzare il momento della squadra biancorossa, abbiamo intervistato in esclusiva Bortolo Mutti, ex allenatore del Bari, che ai microfoni di Borderline24.com ha detto la sua sulla stagione dei galletti.
Mister Mutti, partiamo da lei: di cosa si occupa attualmente? È ancora legato al mondo del calcio?
“Vivo a Bergamo e mi godo la mia famiglia e i miei nipoti, con grande tranquillità. Mi piace la campagna: faccio un po’ di vino e un po’ di olio. Seguo sia la Primavera dell’Atalanta che la formazione di Gasperini. Cerco di stare un po’ sul pezzo, non come prima, ma con più tranquillità e meno stress”.
Ripercorriamo un po’ la sua carriera da calciatore: quali sono i momenti che ricorda con più piacere e quali le esperienze che l’hanno formata di più?
“Ho iniziato nell’Inter, poi ho girato diverse squadre con la formula del prestito. A Catania ho avuto la mia prima vera esperienza in una città con una tifoseria particolare. Ero giovane, avevo vent’anni e lì ho capito davvero cos’è il calcio. Ho fatto un percorso importante e vinto campionati bellissimi. Un bel ricordo, insomma”.
Passando alla sua carriera da allenatore, ha guidato tante squadre, spesso in situazioni complicate. Quale considera una vera e propria ‘impresa’?
“Quella di Messina. Quando il presidente Franza mi chiamò, ero molto dubbioso. Erano ultimi in classifica, la situazione era molto difficile. Poi fu mia moglie a convincermi: ‘Per educazione e rispetto, almeno vai a parlarci’ mi disse. Alla fine andai a Roma, incontrai Franza e il mercoledì ero già a Messina. Da lì costruimmo una salvezza fantastica e una Serie A favolosa. Ero un po’ l’allenatore delle situazioni estreme, un po’ come Ballardini o Davide Nicola nell’attuale periodo storico”.
Veniamo al suo periodo al Bari: nel 2011 prese in mano una squadra in difficoltà. Cosa ricorda di quell’esperienza?
“È stata un’esperienza difficile, pesante. Quando Matarrese e Guido Angelozzi mi chiamarono, mi dissero: ‘Sappiamo già che ci dirai di no, siamo ultimi in classifica, la situazione è compromessa. Però vogliamo fare un campionato dignitoso’. Fu proprio Angelozzi, mio ex compagno a Catania, a convincermi. Alla fine accettai, anche se la situazione era davvero complicata. Però, nonostante tutto, ho nel cuore quell’esperienza perché ho lavorato con un presidente incredibile come Vincenzo Matarrese, una persona che cercava sempre di essere presente”.
Quell’anno il Bari retrocesse. Secondo lei, quali furono i veri motivi di quella stagione così difficile e tormentata?
“Sono arrivato in un momento in cui c’era già uno scollamento generale. Il calcio ti mette davanti a certe realtà e a volte, con tutta la buona volontà, non riesci a cambiare le cose”.
Guardando l’attuale Serie B 2024/25, come giudica il livello del campionato? Ci sono squadre che la stanno sorprendendo?
“Direi un livello medio-basso. Non mi entusiasma questo torneo. Eccezion fatta per il Sassuolo, è un campionato davvero mediocre”.
Parlando del presente, che idea si è fatto del Bari di Moreno Longo?
“Mi aspettavo molto di più dal Bari: è una squadra che fatica a mantenere continuità. Non solo l’allenatore, ma anche i giocatori devono riuscire a tenere alta l’attenzione e la motivazione. Sono tante le componenti che incidono sulla prestazione finale di una squadra”.
Guardando ai singoli giocatori, chi sono stati i migliori finora e chi, invece, ha deluso le aspettative?
“Bonfanti lo conosco bene, ha fatto un bel percorso. Era chiuso a Pisa, ma a Bari potrebbe risollevarsi. Anche Lasagna è un calciatore importante e ha tanta esperienza. Ma in Serie B è il gruppo che conta: la forza di una squadra è la coesione oltre che la determinazione”.
Crede che il Bari abbia le carte in regola per qualificarsi ai playoff?
“Se vuole arrivarci, deve giocare con continuità. Contro la Salernitana non puoi fare una partita sottotono. Devi spaccarla, devi giocartela senza mezze misure. Non puoi stare nel limbo, devi andare a prendere i tre punti. Poi, ovviamente, c’è sempre l’avversario, ma certe partite vanno vinte”.
Il tema della multiproprietà è sempre molto dibattuto. Lei come vede questa situazione? Crede che possa influenzare il presente e il futuro del Bari?
“Il fenomeno delle multiproprietà è ormai diffuso in tutta Europa: ci sono tante realtà con più squadre, oltre ai fondi stranieri che investono. Il Palermo, per esempio, è diventato un progetto con grandi interessi economici. Finché si sta in categorie diverse, non vedo problemi. Se il Bari dovesse salire in Serie A, allora sì, potrebbe diventare un problema per questioni di conflitti sportivi e interessi”.
Infine, tra i tifosi c’è un clima di apatia e delusione nei confronti di una società senza ambizioni. Quale messaggio si sente di mandare ai supporter biancorossi?
“La squadra è la città, è la storia. Ci sono momenti difficili, ma il tifoso è essenziale. La vicinanza alla squadra è importante, anche con le critiche, perché servono a spronare. Bari è una piazza bellissima, con uno stadio favoloso e una delle tifoserie migliori d’Italia. Lo scollamento non aiuta, ma spero che la situazione migliori in futuro”.