Nuova giornata di disagi per i pendolari nella giornata di ieri per via dello sciopero dei trasporti, ma si prospettano problematiche anche per venerdì, giornata in cui sono previste nuove mobilitazioni e stop. I disagi però, per chi si sposta con i mezzi di trasporto, sono quotidiani: a raccontarlo sono alcuni pendolari di Bari che, ogni giorno, sono alle prese con problemi. Dai ritardi, ai treni “stracolmi”, sino alle corse saltate. Sono solo alcune delle questioni che preoccupano e non permettono ai cittadini, tra loro tanti lavoratori e studenti, di vivere serenamente le proprie giornate. C’è chi rischia quotidianamente di fare ritardo, chi a volte, quando l’impegno è importante, è costretto a prendere l’auto. Tanti casi, diversi, ma accomunati dallo stesso disagio. Solo pochi giorni fa, il regionale 19971 non è partito da Taranto alle 5.35 per avaria, con l’inevitabile conseguenza di cancellazioni e ritardi su tutta la linea, compresa Bari.
“Ogni giorno è un’incognita – ha raccontato una studentessa – per arrivare a Bari devi farti il segno della croce. Sperare che il treno passi e che non sia stracolmo. I professori all’inizio non ci credevano, ora per fortuna hanno capito che non è volontario il ritardo. Non si può vivere in questo modo. Uno paga per avere un servizio che non è efficiente. Ho preso da poco la patente, ma fino a poco prima dovevo trovare dei passaggi, chiedere aiuto ai miei genitori. Anche adesso, non è facile: non sempre ho l’auto”, ha concluso. Parole a cui fanno eco quelle di tanti altri. “La certezza sono i ritardi e i disagi – ha spiegato un lavoratore – se non ci sono è una giornata speciale, ma capita di rado. Per non parlare degli scioperi, capisco la necessità di far valere i propri diritti, ma tutto questo crea scompiglio a noi pendolari già stressati da un sistema che non funziona. Ogni giorno rischiamo di fare tardi, ogni giorno vorremmo tornare a casa in tempo e invece rischiamo di stare ore ad aspettare, stanchi, che il nostro treno arrivi. Magari anche al freddo. Non se ne può più. È una questione che riguarda ormai anche la salute mentale”, ha concluso.