La Corte d’Appello di Bari ha confermato la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per omicidio colposo nei confronti dell’ex direttore generale della Asl di Bari, Domenico Colasanto. Il processo riguarda la morte della psichiatra Paola Labriola, uccisa con 58 coltellate da un paziente il 4 settembre 2013 nel centro di salute mentale di via Tenente Casale, nel quartiere Libertà.
Colasanto è stato riconosciuto colpevole, anche in secondo grado, di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Oltre alla pena detentiva, la Corte ha stabilito che Colasanto, in solido con la Asl di Bari, dovrà farsi carico delle spese processuali sostenute dalle parti civili e di quelle relative a questo grado di giudizio. Per l’ex funzionario della Asl Alberto Gallo, precedentemente condannato in primo grado a tre anni per la falsificazione di un documento sulla valutazione dei rischi del centro di salute mentale, la Corte ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Tuttavia, le statuizioni civili sono state confermate e Gallo dovrà risarcire la Asl per le spese sostenute. In primo grado era stato assolto, come Colasanto, dall’accusa di induzione indebita e da altre contestazioni di falso.
È stata confermata anche l’assoluzione, “perché il fatto non sussiste”, per Antonio Ciocia, ex segretario di Colasanto, che era imputato per induzione indebita in concorso con l’ex dg. Gli avvocati Michele Laforgia e Paola Avitabile, legali dei familiari di Paola Labriola, hanno commentato la sentenza sottolineando la gravità della condanna: “Certifica che una persona è morta non solo per mano dell’assassino, ma anche per la negligenza di chi avrebbe dovuto garantirne la sicurezza. Una vittima del lavoro, come tante nel nostro Paese. Speriamo che questa condanna serva da monito affinché tragedie simili non accadano più”, concludono.