Archiviato il pareggio in extremis ottenuto nell’ultimo turno di campionato contro la Cremonese, il Bari torna in campo per far visita al Mantova. La formazione lombarda, attualmente quindicesima in classifica, è reduce dal pareggio esterno sul campo del Palermo. Per affrontare i vari temi del match e per fare un piacevole tuffo nel passato biancorosso, ci siamo rivolti a un doppio ex di Mantova e Bari, vale a dire Livio Manzin, che si è concesso a un’intervista in esclusiva ai microfoni di Borderline24.com.
Livio Manzin, il Bari è reduce dal pareggio all’ultimo respiro contro la Cremonese. Risultato giusto?
“Se giochi contro una squadra forte e vai in svantaggio, subentra un certo nervosismo che non ti permette di giocare come sai. Poi, più passa il tempo, più diventa duro recuperare il risultato. Alla fine credo che il pareggio sia stato un risultato che, prima della partita, avrebbe accontentato tutti”.
Secondo lei, la formazione biancorossa è in una fase calante?
“Credo di si e questo potrebbe diventare pericoloso perché in primavera si decidono le sorti del campionato, sia per chi lotta per salire sia per chi deve salvarsi. Il Bari è in una situazione difficile anche a livello di tifoseria. Però il tecnico Longo è un allenatore di esperienza e saprà porre rimedio. Potrebbe trattarsi di un calo fisico o di tensione, che porta ad una mancanza di fiducia e, di conseguenza, a risultati altalenanti”.
Dal calciomercato invernale sono giunti calciatori importanti, ma non ancora pronti…
“Dare fiducia è un atto di stima nei confronti di questi giocatori, anche se è difficile, nel mercato di gennaio, trovare calciatori pronti. In questo momento del campionato è importante valutare anche il carattere. Se qualcuno, pur essendo meno tecnico, ha più personalità e patisce meno la pressione, può rappresentare una scelta migliore”.
Intanto sabato c’è il Mantova. Lei ha militato nella stagione 84/85 nella compagine lombarda. Che esperienza fu?
“L’anno prima ero a Vicenza e perdemmo il campionato in modo non troppo chiaro. Poi ci fu la richiesta del Mantova, che aveva cambiato dirigenza con l’ingresso in società di un gruppo di industriali molto ambiziosi, tra cui anche Giovanni Rana (quello dei tortellini). Volevano fare un campionato di vertice e costruirono una squadra forte. Accettai il trasferimento anche perché mi offrirono un contratto biennale. Purtroppo, sbagliarono la guida tecnica: l’allenatore che arrivò dal Livorno, pur avendo vinto un campionato, non si dimostrò adatto a gestire uno spogliatoio con tante personalità forti”.
Diversi anni prima, le due stagioni con la maglia del Bari: 45 presenze e 7 reti…
“Esperienza che porto nel mio cuore. Arrivai a Bari dopo tre anni di Serie C, quindi per me fu un salto di qualità. Sapevo di andare in una piazza importante. Mi adattai in fretta, anche se il primo anno fu problematico perché ci salvammo all’ultima giornata. La mia stagione fu positiva anche perché fui tra i migliori marcatori del Bari, pur calciando i rigori. Ma i rigori bisogna anche saperli tirare”.
Mantova – Bari, che partita si aspetta e chi vede favorito?
“Non sarà una partita facile per il Bari. Il Mantova ha dimostrato di essere una squadra solida, con un allenatore bravo come Possanzini. Hanno mantenuto gran parte della squadra della promozione, facendo innesti mirati. Il Bari ha un organico superiore sulla carta, ma se sottovaluta l’avversario rischia brutte sorprese”.
Intanto a Bari la situazione ambientale non è delle migliori con la tifoseria in aperta contestazione verso la famiglia De Laurentiis…
“Capisco i tifosi, perché anch’io sono contrario alla multiproprietà. Il Bari è una piazza da Serie A con un grande seguito. La gestione attuale non ha fatto sacrifici economici per migliorare la situazione. È normale che i tifosi si sentano presi in giro e contestino. Il rischio è che la protesta diventi ancora più forte e i tifosi potrebbero decidere di non andare più allo stadio per non dare soldi ai De Laurentiis. Già ora si vede più seguito e coinvolgimento in trasferta che nelle gare in casa. Se il malcontento cresce, la società potrebbe subire conseguenze economiche e d’immagine”.
E veniamo a lei: di cosa si occupa e dove vive attualmente?
“Vivo a Torino da quando ho smesso di giocare. Ho allenato per alcuni anni, poi ho colto un’opportunità lavorativa che mi ha portato fino alla pensione. Ora do una mano a una scuola calcio per bambini, il Rebaudengo. Ho avuto un problema fisico sette anni fa, ma fortunatamente ora sto bene”.