Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza…sette ‘rimonte’ fanno una prova. Parafrasando la nota espressione di Agatha Christie, si potrebbe dire che il Bari di Moreno Longo è ormai un vero e proprio “caso” da studiare. Il calcio, di per sé, è un gioco imprevedibile e, soprattutto in Serie B, nessun risultato è mai scontato o acquisito fino al triplice fischio dell’arbitro.
Ma se nello stesso campionato, una squadra subisce ben 7 rimonte e non riesce a sfruttare la superiorità numerica in alcune gare, significa che ci sono motivazioni e problematiche molto profonde che impediscono a questa formazione di ottenere ciò che meriterebbe. Sì, perché va dato atto al Bari che in diverse partite ha mostrato qualità importanti, soprattutto sul piano tattico e tecnico, riuscendo a dominare formazioni più quotate e attrezzate. Evidentemente, la rosa allestita con pochi mezzi dal direttore sportivo Magalini e allenata da Moreno Longo, possiede valori superiori alla media della categoria.
Tornando alle rimonte subite, il Bari, su ventitré partite giocate, ne ha incassate ben sette, con 14 punti persi per strada. L’ultima di queste è avvenuta nell’ultimo incontro contro il Cesena, con i galletti che si sono fatti rimontare nonostante la superiorità numerica e l’inconsistente prova della squadra di Mignani, incapace di creare pericoli all’inoperoso Radunovic. È bastato il “solito” Kargbo a rovinare i piani di Pucino e compagni. Altre rimonte significative sono avvenute nelle partite contro Modena, Catanzaro, Reggiana, Cittadella e Brescia. In particolare, contro la Reggiana, i biancorossi hanno sprecato un doppio vantaggio con una vittoria praticamente certa, facendosi raggiungere nei minuti finali.
A rendere ancora più amara e frustrante la situazione del Bari, c’è l’impietosa classifica relativa ai primi tempi. Secondo questa speciale graduatoria, se le partite fossero terminate con i risultati acquisiti nelle prime frazioni di gioco, il Bari sarebbe primo in classifica con ben 42 punti (in coabitazione con il Pisa) e con un vantaggio di otto punti sulla corazzata Sassuolo. Numeri che lasciano poco spazio all’interpretazione: questa squadra crolla nei secondi tempi. Ma quali potrebbero essere le cause? Il tecnico Longo ha sempre parlato di problemi mentali e di poca concentrazione nei momenti cruciali. E se lo dice lui…
In effetti, sarebbe poco sensato parlare di cali fisici, perché questi avvengono in determinati periodi della stagione e non hanno una durata limitata: non si può essere brillanti a fasi alterne insomma. A Moreno Longo vanno dati grandi meriti e le voci che parlano di un possibile esonero sono totalmente infondate, oltre che ridicole. Tuttavia, se al tecnico piemontese va riconosciuto di aver rigenerato la squadra (amalgamando vecchi e nuovi e di aver inculcato la giusta mentalità aggressiva) non si può ignorare che, dopo sei mesi di lavoro, il mister non sia ancora riuscito a comprendere e risolvere le problematiche psicologiche di questi ragazzi.
Ma cosa potrebbe rendere questa squadra così fragile emotivamente? All’inizio del campionato si parlava di paura di vincere, degli strascichi della scorsa stagione o della famosa pressione legata all’ambiente barese. Teorie che non si basano su fondamenta solide, visto che parliamo di un gruppo di calciatori esperti che conoscono benissimo la categoria.
Gli ingredienti per vincere nel calcio (e soprattutto in Serie B) e costruire un gruppo vincente, motivato e concentrato sono essenzialmente tre:
1) Creare organici di qualità che rappresentino un giusto mix tra giovani ed esperti.
2) Avere un gruppo motivato e che abbia “fame” di imporsi ed emergere.
3) Giocare in un club ambizioso, con obiettivi chiari e ben definiti.
Ebbene, se contestualizziamo questi tre punti alla S.S.C. Bari, possiamo affermare senza timore di smentita che molte di queste condizioni mancano. Eccezion fatta per l’equilibrio tra giovani ed esperti, il Bari della stagione 2024/25 è stato costruito con molte scommesse e, soprattutto, con calciatori giunti in prestito, consapevoli che tra qualche mese dovranno tornare ai loro club di appartenenza. Atleti che militano in una società che vive alla giornata, in autogestione e con la spada di Damocle della multiproprietà sopra la testa, dove le parole “ambizione” e “programmazione” sembrano quasi blasfeme.
Sia chiaro: tutto questo non può e non deve rappresentare un alibi per dei calciatori professionisti, che sono chiamati a dare il massimo in ogni partita. Ma parliamo pur sempre di essere umani e non di robot: se mancano fame, ambizione e obiettivi societari chiari, come si può pensare che questa squadra possa fare meglio del sesto posto attuale?
Foto Ssc Bari