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Consumi: scatta etichetta obbligatoria per frutta secca

In Puglia mandorle a rischio siccità e pappagalli verdi

Pubblicato da: redazione | Gio, 2 Gennaio 2025 - 11:47

Scatta l’obbligo dell’indicazione d’origine della frutta secca sgusciata, dalle mandorle alle nocciole, dai fichi secchi ai pistacchi, mettendo finalmente in trasparenza un settore che negli ultimi anni ha registrato una forte crescita dei consumi di un patrimonio agroalimentare a rischio in Puglia a causa della siccità e della tropicalizzazione del clima che ha fatto proliferare i pappagalli verdi, ghiotti proprio di mandorle. Ad annunciarlo è Coldiretti Puglia, dopo l’entrata in vigore dal 1° gennaio 2025 del regolamento Ue che impone l’indicazione della provenienza che va a completare la norma già esistente per quella in guscio. Un provvedimento che arriva peraltro proprio in concomitanza con il periodo natalizio, dove tradizionalmente è maggiore la presenza di mandorle, nocciole e altra frutta secca sulle tavole anche se negli ultimi anni il consumo è cresciuto in generale, spinto dalle nuove tendenze salutiste.

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La normativa prevede l’obbligo di etichettatura dell’origine per la frutta secca sgusciata o essiccata e i prodotti di IV gamma, compresi funghi non coltivati, zafferano e capperi. Le informazioni relative all’origine devono essere chiaramente visibili sull’imballaggio e/o sull’etichetta e l’indicazione del paese d’origine deve risaltare maggiormente rispetto all’indicazione del paese in cui è avvenuto l’imballaggio.

Ma in Puglia con la siccità che ha causato il magro raccolto di mandorle in calo sugli alberi del 60%, il delicato e pregiato superfood – denuncia Coldiretti Puglia – è minacciato anche dall’invasione dei pappagalli verdi che si nutrono di frutta e soprattutto di mandorle, di cui i parrocchetti monaci spaccano il guscio legnoso ed estraggono con la lingua il frutto.

Attualmente in Puglia è destinata alla coltivazione del mandorlo una superficie pari a 17.920 ettari che fornisce una produzione totale di 166.500 quintali di mandorle, oltre il 22% del totale nazionale. Secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea-Nielsen, nel 2023 le famiglie italiane ne hanno acquistati 115 milioni di chili, per una spesa di 1,1 miliardi di euro. Ma se si considera anche il prodotto usato dall’industria dolciaria la quantità arriva a sfiorare i 640 milioni di chili.

Intanto, resta ancora anonima l’indicazione della provenienza della frutta secca usata nella preparazione dei dolci come, ad esempio, le creme di nocciole, anche se negli ultimi anni è cresciuto il numero dei produttori che appongono volontariamente informazioni sull’origine. Il rischio è legato principalmente alle importazioni di prodotto estero che non rispetta le stesse regole in materia di usi di pesticidi vigenti nell’Ue e che presenta spesso alti livelli di residui di sostanze pericolose, dalle nocciole turche ai pistacchi iraniani.

L’etichettatura obbligatoria dei cibi è una battaglia storica della Coldiretti ed è stata introdotta per la prima volta in tutti i Paesi dell’Unione Europea nel 2002 dopo l’emergenza mucca pazza nella carne bovina per garantire la trasparenza con la rintracciabilità e ripristinare un clima di fiducia. Da allora molti progressi sono stati fatti, con l’indicazione della provenienza che è stata estesa a circa i quattro quindi della spesa, anche se resta anonima l’origine dei legumi in scatola, della frutta nella marmellata o nei succhi, del grano impiegato nel pane, biscotti o grissini senza dimenticare la carne o il pesce venduti nei ristoranti.

Una battaglia che Coldiretti ha portato dallo scorso anno anche in Europa con il lancio di una proposta di legge di iniziativa popolare per per rendere obbligatoria l’origine degli ingredienti su tutti gli alimenti in commercio nella Ue. L’obiettivo è raggiungere un milione di firme per dire basta ai cibi importati e camuffati come italiani e difendere la salute dei cittadini e il reddito degli agricoltori. Solo così sarà possibile porre fine all’inganno dei prodotti stranieri spacciati per tricolori permesso dall’attuale norma del codice doganale sull’origine dei cibi che consente l’italianizzazione grazie ad ultime trasformazioni anche minime.

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