La programmazione teatrale negli spazi e le tournée degli spettacoli di Teatri di Bari, gli appuntamenti formativi, le iniziative solidali focalizzate soprattutto per le nuove generazioni e le progettualità premiate a livello nazionale. È l’Agenda 2025 del TRIC Teatri di Bari, una pubblicazione tascabile che racconta anche quello che sarà il nuovo anno per l’unico Teatro di rilevante interesse culturale pugliese, che dal 2023 ha assunto lo status di Società Benefit. A partire dai quattro spazi che costituiscono l’epicentro delle iniziative: il Teatro Kismet – già Stabile d’innovazione, che ha dedicato gran parte della propria attività produttiva, di formazione e programmazione alle giovani generazioni – il Teatro Radar – gioiello culturale e architettonico della città di Monopoli, riaperto nel 2018 – La Cittadella degli artisti – laboratorio urbano di Molfetta da sempre attento ai nuovi linguaggi, dove si incontrano teatro, musica, cinema e danza – e la Sala Prove, spazio teatrale curato da Lello Tedeschi da oltre 25 anni all’interno dell’Istituto penitenziario minorile ‘N. Fornelli’ di Bari, da cui è nata anche una compagnia con giovani detenuti attori.
Non solo una pubblicazione che funge da promemoria e calendario, ma soprattutto uno spazio di divulgazione culturale, contenitore di idee e spazio di espressione artistica per i giovani: per il quindicesimo anno ad aprire l’Agenda sono le parole di un talento under 35 della scrittura, selezionato attraverso il contest letterario 2025 battute per un anno di teatro. I partecipanti si sono lasciati ispirare dall’incipit a firma della scrittrice Chiara Valerio, intitolato ‘Attraversamenti’.
Un appello accolto da decine di aspiranti scrittori da tutta Italia, con proposte di alto livello e creative, che hanno dovuto condensare i loro racconti nel limite delle 2025 battute di lunghezza, come previsto dal regolamento. Vincitore di questa edizione del contest è il trentenne Pasquale Pio Ferrara, originario di Trani, che dopo la laurea in Lettere classiche si è formato alle scuole civiche di Cinema di Milano in particolare sulla sceneggiatura. Oggi fa l’autore televisivo a Roma. “Sono molto felice che le mie parole siano state scelte. Perché è questo che fa uno scrittore: sceglie continuamente, si ferma ore dove tutti non facciamo caso. E mi ha entusiasmato dover completare le parole che un’altra luminosa scrittrice aveva scelto per noi. Questo incipit mi aveva subito entusiasmato perché dava voce a quella che mi è sempre sembrata la più inconsapevole delle vittime: in un dramma di padri, generazioni e potere, Ofelia era quella che poteva anche sottrarsi a fantasmi oscuri e patriarcali, ma l’unico modo che le resta di fuggire è la pazzia. Quindi, vendetta letteraria. Lucida e liberata, la mia Ofelia sceglie di mettere da parte il mondo, perché capisce che è il mondo il vero regno dei fantasmi. Non sarà sposa, sorella, madre, figlia, ma non per servigi drammaturgici e sostenere la tensione narrativa tra maschi sanguinari. Lo fa per sé e finalmente lo sceglie. È stato bello aiutarla a fuggire, farla tuffare con più libertà”. Il secondo racconto più votato è stato quello di Paola Caputo, ventottenne di Bari, il terzo quello di Alessandra Valenzano, anche lei barese, classe 1997.
Prezioso come sempre il contributo dei sostenitori del TRIC Teatri di Bari, presenti costantemente per tutto l’anno in varie forme e che in occasione del Natale scelgono di essere anche partner del progetto Agenda. Dai Mecenati dei Teatri di Bari con l’Art Bonus – Planetek Italia, Progeva, Serveco e Imago – ad AG office automazioni per l’ufficio, Archithesis, Autoclub, Cartolibreria Futura, Centro ottico Ruggiero Lavermicocca, Colloqui di Martina Franca, Confcooperative Bari-Bat, Dastech Impianti – impianti elettrici civili speciali ed industriali, Esse Ingegneria, Idacaffè, Lucidiscena, Marcotrigiano Costruzioni, Netium Fitness & Wellness club, Pasquale Romito Cataldo, Puglia Working Service, Sismeco – società di ingegneria, Pubblicità e stampa e Amiki – Associazione Amici del Kismet.
Attraversamenti
Incipit di Chiara Valerio
Ofelia si era messa a sedere sul ponte di legno che scavallava il fiume scuro. Dopo essersi chiusa la porta alle spalle, aveva respirato profondamente. Aveva avuto l’impressione che qualcuno la rincorresse. Ma poteva essere stata solo l’aria. Il ponte era un piccolo casotto chiuso e aveva sognato un giorno di venirci con Amleto, ma non sapeva da dove cominciare. S’era messa a sedere e lasciato le gambe a dondolare sopra la frescura dell’acqua schiumante, s’era ricordata bambina a osservare i fiori galleggiare e i sassi andare a fondo e d’un tratto, come una folata di vento, s’era ritrovata a chiedersi se la carne che non è fiore né acqua affondasse o no e in quanto tempo.
Racconto vincitore di Pasquale Pio Ferrara
Non si gettò subito quella notte. Prima tornò a casa e buttò una bustina di malva nella tazza fumante. Guardò la tv. Imitava l’abbandono di luce che facevano le immagini sulle lente pareti. Un florilegio di zapping il silenzio. “Fiori secchi che rivivono a odorare” aveva letto sulla confezione. E ignorò l’epigramma di marketing. Riempì la vasca, vi si stese. La masturbazione fu un’ipotesi che lasciò nuotare tra le gambe appena aperte, senza ripescarla, con il braccio fuori che contava i giorni che si era lasciata sul lunario, prima di una vita che non voleva più giustificare a sé stessa. Ignorò la chiamata di Laerte, visualizzò il piccolo Amleto nel cerchio di whatsapp. Alzandosi dal marmo della vasca, si vide nell’ossido dello specchio datato. Era già morta, ma sapeva che adesso profumava. Giocò anche coi seni piccoli e puntuti, col culo che voleva donare prima di ogni regno se quella messinscena aristocratica fosse finita. Almeno prima che Amleto impazzisse la notte in cui, morto il padre, gli era venuto piangendo nella dote che non poteva più conservare. Fu così che giocò a perderla ogni notte, a vedere come godendo intristiva un principe pugnalato al sesso. Laerte bussò alla porta del bagno. Lei non parlò. Il fratello la maledisse. “Vestiti! Domani vai con Cristo”.
Vomitò nel gabinetto, si lavò i denti. Ripassò le ascelle con una striscia epilatoria. Si guardò la pancia di traverso. E ripeté allo specchio “Fiori secchi che rivivono a odorare”. La trovarono dentro una chiusa, tre mattine dopo. Aveva alghe sul pube, sacchetti di plastica a liberarla in una medusa di serenità. La pancia era già gonfia di gas, ma almeno in tempo per non essere mai sposa. Mulinellava come una pazza dove le foglie e i tappi facevano un abito pesto di colori sparsi. Era irriconoscibile. La tirarono su con reti da pesca. Una spigolatrice che sempre seguiva i pescatori di gamberi urlò al telegiornale delle tredici, in un dialetto che pochi capirono, ma che a corte arrivò pulito di ogni stupore:” Aiuto, anche le ninfe sanno annegare”. Rimase allo specchio a non ripetere quella frase. Poi, guardandosi tra il vapore e il fon, pensò: Io non voglio seccare. Uscì in accappatoio, umida. Sull’argine prese un fiore ancora chiuso e una pietruzza. Pisciò guardando l’acqua. La sua figura restava ferma alla corrente, che si ravvivava. S’avvertì calda scorrere dalle gambe e si sentì abbandonare al fluido, fino al tuffo.