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Controlli e sanzioni antiriciclaggio: comprenderli e difendersi.

Pubblicato da: C.P. | Mar, 17 Dicembre 2024 - 10:15

La circolare DT 56499 del 17.06.2022 e la fattispecie disciplinata dall’art. 58 d.lgs.231/2007. La difesa nell’ipotesi di contestazione per mancata segnalazione di operazione sospetta.

Riciclaggio e ricettazione. Definizione.

Il riciclaggio di denaro, disciplinato dall’articolo 648-bis del codice penale, rappresenta un reato complesso la cui norma istitutiva è volta a punire coloro che, attraverso operazioni di sostituzione o trasferimento, rendono difficoltosa l’identificazione della provenienza illecita di capitali e beni. A differenza della ricettazione, il cui fine è limitato alla sottrazione di beni al legittimo proprietario, il riciclaggio richiede azioni più articolate, mirate a occultare la traccia delittuosa. Questa distinzione è cruciale e, sebbene possa risultare in molte occasioni sfumata, è stata chiarita dalla sentenza della Cassazione n. 8473/2019.

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Negli ultimi anni, il contrasto al fenomeno del riciclaggio ha reso necessario un significativo incremento normativo, a partire dal d.lgs. 231/2007, con l’introduzione di norme e regole tecniche elaborate dagli organi di autoregolamentazione delle categorie professionali interessate. Tuttavia, questa proliferazione normativa ha generato ambiguità applicative, complicando l’operato dei professionisti, i quali si vedono costretti a rispettare obblighi complessi, privi delle risorse strutturali, umane e tecnologiche necessarie per una gestione puntuale ed efficace delle incombenze necessarie.

La circolare DT 56499 del 17.06.2022, si inquadra nel contesto degli articoli 56, 57, 58, 59 e 65 del d.lgs. 231/2007. Questo documento si occupa di precisare il metodo cui devono attenersi gli uffici ministeriali nel determinare le sanzioni antiriciclaggio sottolineando, sebbene su tale aspetto non vi fosse alcun dubbio, la responsabilità dei professionisti. La citata circolare ha sostituito la precedente DT 54071 del 6.07.2017. Tale aggiornamento è importante per garantire una corretta comprensione della normativa in vigore e una sua implementazione utile ai professionisti coinvolti.

La fattispecie più grave è indubbiamente quella concernente l’omessa segnalazione di operazioni sospette (SOS), prevista dall’art.58 del d.lgs. 231/2007.

La fattispecie contemplata dall’art. 58 comma 1 d.lgs.231/2007.

Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce una configurazione “base” di omessa segnalazione, sancendo per l’infrazione accertata, una sanzione pecuniaria fissa di 3.000,00 euro. Qualora il Ministero dell’Economia e delle Finanze confermasse le osservazioni dei militari nel PVC, l’unica opzione disponibile sarebbe il ricorso al Tribunale della Capitale per l’annullamento del decreto sanzionatorio. È importante notare che, anche in presenza di circostanze attenuanti, il Giudice non potrà ridurre la sanzione fissa. Pertanto, si dovrà considerare attentamente il ricorso, poiché anche in caso di vittoria potrebbero essere compensate le spese legali. Optando per la non impugnazione, sarebbe ammessa la richiesta di riduzione pari ad un terzo della sanzione, che permetterebbe di regolarizzare la contestazione con il versamento di 2.000,00 euro.

La fattispecie contemplata dall’art. 58 comma 2 d.lgs.231/2007.

La problematica legata alla previsione del comma 2 dell’art. 58 appare di notevole complessità, in quanto la norma introduce una fattispecie “qualificata” caratterizzata da condotte ripetute, sistematiche, plurime e gravi. La possibilità di infliggere sanzioni variabili tra i 30.000,00 e i 300.000,00 euro solleva interrogativi significativi riguardo all’applicazione equa delle misure punitive. L’operato degli ispettori, che talvolta verbalizzano indistintamente le quattro fattispecie previste, rimandando al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’ulteriore decisione, evidenzia la necessità di una valutazione critica in sede di memorie difensive.

Ripetitività.

Il concetto di ripetitività ha carattere fondamentale nella valutazione della condotta contestata. La recidiva deve necessariamente riguardare violazioni della stessa natura, con pregressi riconosciuti e sanzionati. È altresì rilevante considerare ed evidenziare che la contestazione simultanea di più atti nei confronti dello stesso soggetto può portare a sanzioni sproporzionate. Infine, la responsabilità degli ispettori nel raccogliere informazioni su sanzioni precedenti, allunga la tutela garantista del procedimento, salvaguardando i principi di certezza del diritto e proporzionalità delle sanzioni stesse.

Sistematicità.

La rilevazione sistematica delle violazioni richiede un’analisi rigorosa delle condotte dei soggetti obbligati, considerando un ampio arco temporale e oggettivo. La ripetizione di comportamenti omissivi sanzionati evidenzia una tendenza organizzata, influenzando la qualificazione dell’illecito e la relativa sanzione.

Le plurime violazioni.

Il concetto di violazione “plurima” si distingue per la pluralità di contestazioni, che possono emergere anche all’interno di un’unica operatività, purché le operazioni presentino elementi sospetti in un periodo significativo. Se tali operazioni sono connesse da uno scopo unitario e temporalmente limitato, può non riconoscersi il carattere plurimo. Le violazioni possono pertanto manifestarsi come episodi distinti o come parte di un comportamento sistematico, quest’ultimo richiedente una valutazione più complessa e articolata che evidenzi la prevalenza dell’omissione nel comportamento dell’obbligato. Questo porta a differenziare quantitativamente e qualitativamente le responsabilità sanzionatorie.

Gravità.

La gravità della violazione, elemento cruciale nell’applicazione dell’art. 58, co. 2 della normativa vigente, richiede una valutazione attenta e dettagliata. La graduazione della gravità prende in considerazione la varietà dei comportamenti illeciti e l’intensità con cui si manifestano. È essenziale analizzare la diligenza del soggetto obbligato, includendo le competenze professionali, l’esperienza e la conoscenza delle circostanze pertinenti per la segnalazione di operazioni sospette. Inoltre, le cause organizzative, come l’insufficiente adozione di prassi operative standard, incidono sulla responsabilità del soggetto, compromettendo così la conformità alle normative antiriciclaggio.

Determinazione dalle sanzioni antiriciclaggio applicabili.

In virtù di tali elementi l’autorità procedente, ossia il Ministero dell’economia e delle finanze, seguita a inquadrare la violazione dell’obbligo di segnalazione della presunta operazione sospetta nei tre intervalli di sanzioni applicabili:

Da   30.000,00 a 120.000,00 euro.

Da 120.000,00 a 210.000,00 euro.

Da 210.000,00 a 300.000,00 euro.

Identificato l’intervallo per la determinazione della sanzione, l’autorità analizza vari fattori, tra cui le precedenti violazioni, la situazione finanziaria del soggetto, il grado di cooperazione e il beneficio ottenuto, oltre ai danni causati a terzi. Tale valutazione è complessa e consente un’ampia discrezionalità all’autorità competente. È opportuno, già in ambito delle memorie difensive, porre l’accento su ognuna di queste componenti, in modo che il Ministero possa esprimere la relativa valutazione.

In caso di ricorso, l’Autorità Giudiziaria esaminerà anche gli elementi presentati dalla difesa. Sul sito avvocato antiriciclaggio sono disponibili normative, esperienze e sentenze commentate.

Esempio possibile di difesa in caso di contestazione mancata segnalazione operazione sospetta.

Nell’ambito di una contestazione di violazione ai sensi dell’articolo 35 del d.lgs. 231/2007, il soggetto accusato ha il diritto di difendersi presentando evidenze delle proprie segnalazioni di operazioni sospette, che devono dimostrare una consuetudine nel rispetto delle normative vigenti. È essenziale che tali prove non siano sporadiche o risalenti a periodi lontani, ma attestino un comportamento sistematico volto alla conformità.

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