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Centri di permanenza per i rimpatri, il più costoso è a Torino

E' quanto si ricava dal report "Trattenuti - Una radiografia del sistema detentivo per stranieri"

Pubblicato da: redazione | Ven, 25 Ottobre 2024 - 15:36

Il record del Cpr più costoso d’Italia va a quello di Torino. E’ quanto si ricava dal report “Trattenuti – Una radiografia del sistema detentivo per stranieri” di Action Aid e Dipartimento di scienze politiche dell’Università di Bari. La struttura è stata chiusa nel marzo del 2023 dopo una serie di rivolte, ma per l’intera durata dell’anno “è costato oltre 3 milioni e 400mila euro”. Denaro che è stato impiegato, secondo gli estensori del rapporto, “principalmente per l’affitto della struttura versato a Ferrovie dello Stato, per le manutenzioni straordinarie e per appianamenti di debiti con l’ente gestore”. Il costo medio di un singolo posto nel 2022 è stato pari a poco più di 16mila euro. “Nel periodo 2018-2023 – è scritto -il Cpr di Torino ha avuto un pro-capite pro-die medio di euro 34,30, poco al di sopra del dato nazionale e si attesta sui 37,98 euro nel 2022 e 2023. Nello stesso periodo il costo complessivo della struttura è stato di oltre 15 milioni di euro, di cui il 32% spesi per costi di manutenzione straordinaria, una percentuale che nell’ultimo biennio raggiunge quasi il 42% (oltre 2milioni e 300mila euro su un totale di oltre 5 milioni e 600mila euro complessivamente spesi nel biennio 2022-23).

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Nonostante sia stato sostanzialmente chiuso per l’intero anno, nel solo 2023 il Cpr di Torino è costato oltre 3 milioni e 400mila euro, diventando nel medesimo anno il Cpr più costoso d’Italia”. “Nonostante Torino mantenga nel tempo la capienza media effettiva più alta dopo Roma tra i Cpr di lungo corso – afferma Fabrizio Coresi esperto di migrazione per ActionAid – le elevate spese di manutenzione straordinaria registrate sono un chiaro indicatore, assieme alla continua oscillazione dei posti effettivamente disponibili nel centro, dell’invivibilità della struttura, sottoposta a continui danneggiamenti e a sistematiche ristrutturazioni straordinarie, fino alla chiusura del marzo 2023”. Quanto alla funzionalità del Centro subalpino, il report – sempre per quel che riguarda il periodo 2018-23 – parla di “tipico ‘Cpr metropolitano’ che funziona come una propaggine del carcere: una struttura in cui fanno ingresso molti detenuti, che registrano tempi di permanenza relativamente lunghi e una bassa incidenza di rimpatri”. Il tempo di permanenza medio è stato di 46 giorni (la media nazionale è 36 giorni) e nel 2022 di 47 giorni. La percentuale annua media di ingressi dal carcere (24%) è più alta di nove punti percentuali rispetto alla media nazionale, ed è in linea con quanto registrato per il 2022 (25%), mentre quella di richiedenti asilo (15%) più bassa di sette punti nel periodo considerato vede un picco del 29% nel 2022.

La percentuale di rimpatri eseguiti dal Cpr di Torino è del 37%, più bassa di dieci punti percentuali rispetto alla media nazionale del periodo e nel 2022 si attesta intorno al 32%. Molto più alta della media nazionale la percentuale di uscite decorrenza termini, che nel Cpr di Torino raggiunge il 21% degli ingressi (22% nel 2022). “Il dato sulle persone tradotte dal carcere unito al tempo di permanenza medio e all’alta percentuale di uscite per decorrenza termini – è la conclusione – mostrano come le persone in uscita dalle carceri sono tuttavia più difficili da espellere e, di conseguenza, restano trattenuti più a lungo”. Per Giuseppe Campesi, dell’Università di Bari, “l’ulteriore periodo di trattenimento è dunque doppiamente afflittivo, poiché in gran parte ingiustificato alla luce della scarsa probabilità di eseguire un rimpatrio”. Nel luglio 2024 è stata indetta una nuova gara per la gestione del Cpr con solo 70 posti.

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