(di Nicola Lucarelli) Facciamo una doverosa (e forse inutile) premessa: trarre conclusioni o giungere a facili giudizi dopo appena sei gare di campionato sarebbe quanto meno incauto. Per poter aver un primo giudizio su una squadra è sempre meglio attendere le consuete dieci giornate, anche perchè, la recente storia biancorossa ci ricorda come nel corso delle stesse annate possano esserci delle svolte in negativo o in positivo. Nel primo caso possiamo ricordare il secondo anno della gestione di Ventura: dopo aver concluso un meraviglioso campionato al decimo posto, il torneo successivo si aprì con interessanti premesse, culminate con la vittoria contro la Juventus grazie ad un gran gol di Massimo Donati. Sembrava che quella squadra potesse addirittura far meglio rispetto a quella della precedente stagione, invece arrivò una triste retrocessione. Situazioni opposte si verificarono, invece, nell’anno della ‘remuntada’ o nel campionato di B con Fascetti alla guida, con i galletti che dopo aver strapazzato i cugini del Lecce, invertirono la rotta e trasformarono un campionato anonimo in un’esaltante cavalcata verso la serie A. Insomma, nel gioco del calcio, trarre giudizi affrettati e prematuri può riverlarsi un clamoroso autogol.
Tuttavia, questo nuovo Bari targato Longo e Magalini trasmette sensazioni molto positive. Non a caso abbiamo citato anche il ds Magalini perchè, in queste ore, in pochi stanno dando dei meriti a colui che ha costruito, in piena autogestione, questa rosa. Presto per parlare di scommesse vinte, ma se davvero i vari Favilli, Oliveri o Mantovani (giusto per citarne qualcuno) dovessero confermarsi per l’intero campionato, il direttore sportivo potrebbe competere per il premio di miglior Ds del torneo cadetto. Ma, come detto, prematuro fare certi discorsi il 23 settembre.
Era da parecchio tempo che i tifosi del Bari non si esaltavano per delle vittorie o non spalancavano gli occhi davanti a delle giocate dei propri beniamini. Facile fare dei paragoni con il Bari di Mignani che giunse a pochi secondi dalla serie A, ma è un confronto che non regge. Fatta salva la doverosa premessa di cui sopra, questo Bari non ha nulla a che vedere con i biancorossi allenati da Mignani: quel Bari giocava quasi esclusivamente in verticale, affidandosi allo strapotere fisico di Folorunsho, Benedetti o Cheddira. Invece, il Bari di Moreno Longo ammirato in quest’ultimo periodo, gioca in maniera totalmente diversa: c’è un fraseggio corto non fine a se stesso, una pressione alta sui portatori di palla e delle chiare idee su come occupare gli spazi e tagliare a fette le difese avversarie con improvvisi inserimenti. Tutti meccanismi che, in genere, richiedono mesi per essere oliati alla perfezione ma che, in questo Bari, funzionano alla perfezione. E tutto questo non può che essere merito di Moreno Longo che è riuscito a raggiungere questi livelli, avendo lavorato in ritiro con una squadra ancora incompleta. Certo, va anche detto, che i riforzi giunti a fine mercato, si sono dimostrati quasi tutti pronti e questo ha senza dubbio agevolato il compito del tecnico piemontese.
Non sappiamo dove potrà arrivare questa squadra: la classifica è ancora cortissima e tutto può ancora succedere. Fermo restando che siamo ancora alla sesta giornata di campionato e il torneo cadetto si decide in primavera. Ma la cosa che fa ben sperare, sono gli enormi margini di miglioramento di questa squadra. Diversi elementi non si sono ancora visti o devono ancora esprimersi al meglio. Poi ci sono altri, come Sibilli e Maiello, che stanno rientrando dopo i rispettivi guai fisici. Cosa potrà mai mostrare questo Bari se Sibilli replica il campionato scorso e Falletti si conferma sui livelli delle ultime gare? Senza dimenticarci di Lasagna e Manzari rimasti in panchina nell’ultimo match. Ma anche negli altri reparti le soluzioni non mancano così come sugli esterni, vero punto di forza di questa squadra. Se si riuscirà a creare la giusta alchimia tra squadra e ambiente, questo torneo potrebbe riservare piacevoli sorprese ai tifosi biancorossi.
(Foto Ssc Bari)