Se in passato, creare immagini dettagliate richiedeva complessi modelli 3D o fotografie di riferimento, oggi, con l’AI, una semplice parola, in questo caso anche solo il nome di una persona, può diventare la base per ricostruire un volto con caratteristiche incredibilmente reali.
E’ stato infatti pubblicato qualche giorno fa, “l’esperimento” realizzato da THE WOM, social e web magazine innovativo dedicato alle giovani millennial, su come l’AI può immaginare aspetto fisico e personalità delle persone, in base al proprio nome.
Ma come è possibile?
Sostanzialmente l’AI sfrutta sofisticati algoritmi di machine learning e reti neurali generative per interpretare il nome come un insieme di dati da cui estrapolare caratteristiche specifiche.
Attinge quindi a una vasta quantità di dati demografici, culturali e statistici associati a vari nomi per creare volti con dettagli come la forma del viso, il colore dei capelli, il tono della pelle e altri tratti distintivi.
Basandosi su schemi associativi relativi ai nomi, può ipotizzare diversi dati come l’età approssimativa: alcuni nomi sono più comuni in certe fasce d’età, e l’AI potrebbe prediligere una stima basata sulle tendenze demografiche; origini culturali: i nomi spesso riflettono radici culturali e linguistiche, e l’AI può integrare queste informazioni nella generazione dei volti e dei tratti somatici e anche caratteristiche fisiche: in alcuni casi, l’AI può aggiungere dettagli relativi alla corporatura, alle espressioni facciali o persino agli accessori, creando un ritratto più completo.
E quindi abbiamo così Gennaro, che viene rappresentato con volto e colori tipicamente del sud, con un’età di 35 anni, carnagione olivastra, camicia casual e pantaloni scuri oppure Maria, di 20 anni, legata alle tradizioni e alla famiglia, nota per l’amore per la cucina e i suoi cari, o ancora Sara, bartender ribelle e sicura di sé di 20 anni, con un carattere socievole e una passione per la musica.
Ovviamente al dì la del realismo sorprendente, occorre ricordare che l’AI genera volti che non esistono nella realtà ma che sono simulazioni e dunque possono talvolta essere simili a persone realmente esistenti.
Questa tecnologia apre dunque la porta a nuove possibilità creative ma d’altro canto impone un uso responsabile dell’AI, per evitare diffusione di fake news o più in generale truffe e manipolazioni.