La revoca della patente deve essere motivata anche per l’imputato che patteggia l’omicidio stradale: dopo la sentenza costituzionale del 17/04/2019 n. 88, infatti, l’automatismo scatta soltanto per la guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di droga, mentre anche nella sentenza di applicazione della pena su accordo delle parti il giudice deve spiegare perché non sceglie la più favorevole sanzione amministrativa della mera sospensione del titolo di guida. Ed è tenuto a farlo in base all’entità del danno, alla gravità della violazione commessa e al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe causare. È quanto emerge dalla sentenza 33136/24 pubblicata il 27 agosto 2024 dalla quarta sezione penale della Cassazione. Accolto il ricorso proposto dai due imputati che hanno patteggiato la condanna a un anno, sospesa con la condizionale, grazie alla riduzione per il rito alternativo e alla diminuente del concorso di colpa. Nell’incidente trova la morte la passeggera dello scooter: la moto è travolta dall’auto che svolta a sinistra invadendo la corsia opposta senza osservare alcuna misura di prudenza. Ma se la signora al volante trasgredisce la norma di cui all’articolo 154, commi 1 e 8, Cds anche il ragazzo alla guida del motorino non regola in modo adeguato la velocità, violando l’articolo 141 Cds.
Insomma: il decesso della ragazza, sbalzata a venticinque metri dal luogo dello scontro, è dovuto alla «cooperazione delle condotte colpose». Ad avviso dei giudici di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno spiegato che “La sanzione amministrativa accessoria non richiede un giudizio di responsabilità penale: segue di diritto alla sentenza di patteggiamento , che è equiparabile alla condanna, ed esula dall’oggetto dell’accordo intervenuto fra le parti. Il gup, tuttavia, non può applicare la revoca della patente limitandosi a fare riferimento «al concreto disvalore» della condotta tenuta degli imputati, con una mera clausola di stile. Ma deve spiegare come mai non può applicare la sanzione più favorevole sulla base dei parametri dell’articolo 218, comma secondo, Cds: fuori dai casi più gravi, infatti, la Consulta ha lasciato il giudice libero di disporre la sanzione più lieve della sospensione, valutando caso per caso nelle fattispecie che destano meno allarme sociale”.