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Nasce il centro di Giustizia Riparativa: “Bari all’avanguardia”

Questa mattina la presentazione del progetto, è il secondo in Italia dopo Torino. Ecco di cosa si tratta

Pubblicato da: redazione | Mer, 7 Agosto 2024 - 14:43

A Bari nasce il centro di Giustizia Riparativa. Si è svolta questa mattina infatti, nella sala giunta di Palazzo di Città, la presentazione alla cittadinanza del progetto del primo Centro sperimentale di mediazione per la giustizia riparativa a Bari, predisposto dall’assessorato al Welfare e dalla cooperativa sociale C.R.I.S.I. S.C.A.R.L. onlus. Il modello di gestione e funzionamento del progetto, una delle prime esperienze in Italia di questo tipo – che sarà realizzata in coerenza con quanto previsto dalla riforma Cartabia – scaturisce dal tavolo e dal percorso di progettazione promosso dall’assessorato al Welfare con il coinvolgimento della rete territoriale e istituzionale competente per il tema in oggetto.

A intervenire, l’assessore al Welfare Francesca Bottalico, il direttore del settore Osservatorio per l’inclusione sociale e contrasto alla povertà Nicola D’Onchia, la responsabile del procedimento Caterina la Rocca, la presidente della cooperativa sociale C.R.I.S.I. Anna Coppola De Vanna e la vicepresidente Ilaria De Vanna, alla presenza dei rappresentanti della Corte d’Appello di Bari, della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Bari, della Questura di Bari e del dipartimento Welfare Regione Puglia.

“Ancora una volta, Bari si dimostra città capace di porsi all’avanguardia dell’innovazione sociale, con l’avvio di uno dei primi centri di giustizia riparativa in Italia – ha dichiarato Francesca Bottalico – la giustizia riparativa, nella sua applicazione corretta, si configura come un potente strumento di giustizia sociale che permette di restituire dignità agli autori e, soprattutto, alle vittime di reato, di superare lo stigma e di aumentare il senso di responsabilità e coesione sociale. Si tratta di una grossa sfida, organizzativa, culturale ed educativa, che avviene alla luce di quella che, a livello nazionale, è una definizione ancora in corso di questo modello, ma che ci vede già impegnati a costruirne la realizzazione nella nostra città, grazie alle rete istituzionale pubblico-privata avviata in fase di co-progettazione negli scorsi mesi. In pochissimo tempo, nel quadro della riforma Cartabia e di una normativa molto complessa, grazie a uno straordinario lavoro amministrativo della ripartizione Welfare – che ringrazio – e a una nuova e coraggiosa sfida politica, Bari diventa punto di riferimento nazionale. Questo progetto si inserisce pienamente nella visione e direzione delle politiche di Welfare e di inclusione sociale che abbiamo realizzato in questi anni, in coerenza con l’attenzione alla prevenzione, all’educazione, alla mediazione, alla ricucitura e alla costruzione di legami di comunità che ha contraddistinto i nostri progetti”, ha concluso.

Il modello di giustizia di tipo riparativo scaturisce da un lungo processo di evoluzione culturale e legislativa, che ha portato a rivedere il concetto stesso di giustizia come “ricomposizione”, di cui la mediazione diventa il principale strumento attuativo. La giustizia riparativa non sostituisce, quindi, la giustizia penale, ma ne integra le funzioni. Il concetto da cui si parte è quello secondo cui il reato non rappresenta solo la violazione di una norma ma anche, e soprattutto, l’offesa e il danno arrecati a persone e alla comunità. Nella prospettiva della giustizia riparativa, quindi, l’esigenza primaria è quella di individuare il modo migliore per “riparare” il danno e il dolore cagionati dal reato. La riparazione, così intesa, assume una valenza soprattutto etica, con l’obiettivo di responsabilizzare il reo anche facendosi carico della sofferenza della vittima e di offrire alle vittime una forma di giustizia “altra”, legata alla violazione della dignità ed alla sfera esistenziale, di cui il processo, per sua natura, non si occupa. La giustizia riparativa può, quindi, rappresentare l’occasione per mezzo della quale, attraverso l’incontro ed il dialogo tra le parti, si può riparare il dolore degli individui e ricucire gli strappi all’interno dei legami comunitari derivanti dalla commissione di un reato.

In particolare, l’obiettivo del progetto sarà quello di attivare programmi di giustizia riparativa che permettano alle persone indicate come responsabili dell’offesa e di un reato a danno di altre persone, alle vittime e alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni e conflitti derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore. Il Centro accoglierà, quindi, invii della autorità giudiziaria relativi al Distretto di Corte di Appello di Bari e provvederà alla verifica di fattibilità dell’avvio di un percorso di giustizia riparativa, individuando tra i programmi riparativi quello più adeguato e rispondente alle singole situazioni ed ai bisogni e alla tutela delle parti. Attraverso il Centro di giustizia riparativa ed i suoi operatori, oltre ai programmi riparativi, saranno realizzate iniziative di sensibilizzazione con le scuole, gli ordini professionali, le diverse realtà territoriali, al fine di sostenere e diffondere la cultura della responsabilità e della riparazione come visione politica e cifra sociale. Il Centro, aperto su appuntamenti, avrà sede fisica a Bari, in via Amendola 120, presso la sede della cooperativa Crisi, ente vincitore dell’avviso pubblico di coprogettazione per l’istituzione del servizio ed operante nel campo della mediazione e della giustizia riparativa.

Il 10 maggio 2024 il Comune di Bari ha reso noto l’avviso pubblico finalizzato all’individuazione di un soggetto del terzo settore disponibile alla co-progettazione per la gestione del Centro sperimentale di mediazione per la giustizia riparativa, ai sensi dell’art. 55 del d. lgs. n. 117/2017. All’avviso ha partecipato la società cooperativa C.R.I.S.I. presentando la propria proposta progettuale, che è stata valutata positivamente e ha costituito il punto di partenza per la successiva fase di co-progettazione. Il tavolo di progettazione ha condotto alla redazione di un progetto condiviso tra il Comune di Bari e l’ente partner.

Il progetto che si intende realizzare attiene, quindi, alla gestione del Centro sperimentale, pensato come luogo di incontro tra autore e vittima del reato e – attraverso l’attività di diverse figure professionali formate alla mediazione, con competenze in materia giuridica, pedagogica, psicologica, sociologica e sociale – intende coinvolgere il territorio nelle fasi del percorso, costruire relazioni tra gli attori e la comunità, implementare il rapporto tra giustizia riparativa e coesione sociale.

Il personale esperto del Centro, a cui il Comune affida la gestione del servizio, opera secondo il modello della giustizia riparativa, con gli strumenti e i programmi previsti dal decreto legislativo del 10 ottobre 2022, n. 150 (attuativo della Delega conferita al legislatore con L. n. 134/2021, cosiddetta “riforma Cartabia”).

Il progetto avrà durata di 12 mesi, a decorrere dal 1 settembre 2024, con facoltà di prosecuzione per un ulteriore anno, laddove, in sede di co-progettazione permanente e monitoraggio dell’andamento delle attività, dovessero essere evidenziate motivate ragioni sulle necessità di consolidamento delle medesime attività. È vietata qualsiasi forma di rinnovo tacito.

Per la realizzazione degli interventi il Comune di Bari mette a disposizione, con riferimento al periodo sopracitato, un budget complessivo di 15.000 euro mentre le risorse, a titolo di cofinanziamento, messe a disposizione dall’ETS partner per l’implementazione del progetto ammontano a 5.000 euro, come definito nel quadro economico di progetto approvato in sede di tavolo di co-progettazione.

Nello specifico, il Centro deve realizzare i programmi di giustizia riparativa attraverso:

a) la mediazione tra la persona indicata come autore dell’offesa e la vittima del reato, anche estesa ai gruppi parentali, ovvero tra la persona indicata come autore dell’offesa e la vittima di un reato diverso da quello per cui si procede;

b) il dialogo riparativo;

c) ogni altro programma dialogico guidato da mediatori, svolto nell’interesse della vittima del reato e della persona indicata come autore dell’offesa.

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