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Cinque indagati per frode a Barletta: nei guai società di cosmesi

I venditori erano fittiziamente qualificati come "porta a porta" per avere una tassazione ridotta - VIDEO

Pubblicato da: redazione | Gio, 30 Maggio 2024 - 13:19

Questa mattina, i finanzieri del Comando Provinciale di Barletta hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale e reale emessa dal Tribunale di Trani su richiesta della Procura di Trani (gruppo specializzato in materia di reati tributari, fallimentari e societari) nei confronti di cinque persone indagate per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e riciclaggio ed autoriciclaggio, nonché per reati tributari e fallimentari, procedendo altresì al sequestro di denaro, beni mobili, immobili, quote societarie, nonché di un intero compendio aziendale, per un valore complessivo di oltre 355 milioni di euro.

Al termine di complesse e prolungate indagini condotte dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della città di Eraclio, sotto la direzione e il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani, sono state acclarate gravissime condotte fiscalmente fraudolente nella gestione di una nota società per azioni di Barletta, operante nella cosmesi e nella commercializzazione on line mediante il sistema c.d. “multilevel marketing”, struttura societaria piramidale nella quale i gradi apicali ottengono ricavi generati dal lavoro di terzi, c.d. downline.

L’attività investigativa, corroborata anche da mirate attività tecniche, ha dapprima fatto emergere un meccanismo illecito finalizzato alla lievitazione dei costi della società strumentale all’ artificioso abbattimento dell’utile di esercizio e la conseguente inferiore liquidazione dell’imposta sul reddito e dell’Imposta sul valore aggiunto, mediante l’esposizione di crediti IVA inesistenti.

Successivamente, è stato altresì acclarato che gli indagati, coadiuvati da un professionista, depositario della contabilità aziendale e ritenuto il deus ex machina dell’articolato meccanismo fraudolento, apparentemente rispettoso delle disposizioni fiscali, avevano implementato, sin dal 2017, un più complesso sistema illecito occulto in base al quale la società per azioni contabilizzava i costi connessi alle provvigioni di vendita fatturate dai principali indagati mediante l’emissione di documenti fiscali oggettivamente inesistenti. Fittiziamente qualificati come venditori “porta a porta”, essi godevano di un regime fiscale particolarmente agevolato, se si considera che la tassazione IRPEF era calcolata con l’applicazione di aliquota di fatto pari al 18%, decisamente inferiore persino all’aliquota più bassa (23%) applicata alle persone fisiche con redditi fino a 28mila euro.

In tal guisa, il meccanismo illecito ideato consentiva ai componenti della consorteria criminale l’ottenimento di un duplice vantaggio fiscale, consistente, da un lato, in una tassazione irrisoria della mole delle vendite realizzate (il volume d’affari della società è pari a 60 milio-ni di euro), e, d’altro canto, nell’abbattimento quasi totale della base imponibile, mediante la creazione fittizia di ingentissimi costi in capo alla società, così da costituire di fatto un drenaggio di ricchezza sottratta alla tassazione IRES.

Nel caso di specie, i soggetti indagati avevano creato una struttura dotata “di una sostanziale stabile organizzazione sistematicamente preordinata alla perpetrazione di condotte delittuose, da non potersi meramente considerare come estrinsecazione di occasionali accordi ma vere e proprie azioni di reità poste in essere in maniera costante ed omogenea, oltre che ripetuta nel tempo.

Del tutto sintomatica è risultata, ai fini della sussistenza del più grave reato di associazione per delinquere “la spregiudicatezza” con cui non soltanto i sodali “…ponevano in essere deliberatamente i fatti in contestazione ma con cui con altrettanta quasi disarmante naturalezza disquisivano di tali fatti “. Le attività di intercettazione delle conversazioni in capo ad essi hanno fatto “evincere in modo assolutamente chiaro la sussistenza di un piano criminoso ben organizzato e collauda-to nel tempo, anche con prospettive rivolte al futuro”.

Ai fini della quantificazione del valore del maxi-sequestro è stata contestata all’impresa l’ipotesi di responsabilità amministrativa dell’ente, che prevede sia sanzioni pecuniarie che interdittive e di confisca, quest’ultima parametrata al profitto illecito ottenuto.

Numerosi sono i beni di lusso, le disponibilità finanziarie e gli immobili acquisiti con la ricchezza prodotta e illecitamente sottratta al prelievo erariale.

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